TRA LA LOTTA ALL’EVASIONE FISCALE E LA FLAT (“FAKE”) TAX
di Francesco Bertelli
In attesa di una “vera” lotta all’evasione fiscale
Ogni estate, siamo sempre qui a parlare del problema sicuramente più grave del nostro paese che va analizzato mai a compartimenti stagni bensì in concatenazione alla corruzione e a tutto quel denaro che se ne va nelle tasche della criminalità organizzata: stiamo parlando dell’evasione fiscale.
Ogni Governo (compreso il giallo-verde) negli ultimi anni cerca di impegnarsi (almeno a parole) nel portare a casa il massimo risultato possibile dalla all’evasione. Ma i risultati sono modestissimi.
Snoccioliamo un po’ di dati.
Prendiamo come dato di riferimento gli ultimi 5 anni: con la lotta all’evasione lo Stato è riuscito ad incassare 80,7 miliardi di euro. Una bella cifretta. La quale però sminuisce tutto il suo quantitativo in quanto tutti questi miliardi rappresentano soltanto una piccola fetta del totale che sfugge alla riscossione.. Solo nel 2018 la quota residua al 31 dicembre, cioè il debito complessivo che i contribuenti hanno con l’erario, ammonta a 95,8 miliardi di euro.
Gli accertamenti, nel corso dell’anno, sono riusciti a individuare 59,5 miliardi di euro, di cui solo 17 miliardi di euro sono stati versati, pari al 28,5% della somma richiesta. I dati sono contenuti nelle tabelle della Corte dei conti che accompagnano il rendiconto generale dello Stato. Andando indietro con gli anni, dalle tabelle della magistratura contabile risulta che nel 2017 il residuo ammontava a 93,4 miliardi di euro, nel 2016 a 104,2 miliardi, nel 2015 a 105,9 miliardi e nel 2014 a 103,6 miliardi.
La Corte dei Conti ci illumina proprio sul tema dei versamenti, affermando appunto che “ il rilievo che il gettito dell’attività di controllo ha, nella dinamica complessiva delle entrate, appare sintomatico del permanere dell’anomalo livello di evasione fiscale che caratterizza la situazione italiana”. Un ulteriore ‘disincentivo’ a pagare, quando il fisco trova delle irregolarità, sono ”le aspettative di future sanatorie”. Anche alla luce delle osservazioni della magistratura contabile non dovrebbe sorprende, quindi, l’abisso che c’è tra le richieste dell’erario e la quota che i contribuenti effettivamente versano. Nel 2018 su un importo accertato di 59,5 miliardi risulta effettivamente versato solo il 28,5%.
E negli anni precedenti le cose non sono andate molto meglio: nel 2017 l’accertato ammontava a 57,5 miliardi, di cui alla fine risulta incassato il 31,8%; nel 2016 invece l’accertato era pari a 64,5 miliardi, di cui il 27,7% è stato riscosso; nel 2015 si 66,2 miliardi di accertato si scende addirittura al 21% di riscosso; infine nel 2014 l’accertato ammontava a 66,9 miliardi e la quota effettivamente recuperata è scesa ancora, fino al 20%.
Ma noi siamo fiduciosi e nonostante il caldo estivo attendiamo le novità in tema di contrasto all’evasione, sperando di non arrivare alle calende greche.
La “fake” tax
Infine eccola qua: la svolta per la semplificazione del fisco in ottica giallo-verde (più spina leghista che pentastellata stavolta): la flat tax.
E’ su questo tema che l’esecutivo si sta scervellando da diverso tempo.
Anzitutto vi è un quesito di fondo: può la flat tax essere considerata un’imposta progressiva? Il principio della progressività del sistema tributario è uno dei pilastri della nostra Costituzione, ed il rischio che venga violato quanto previsto dall’art.53 non è poi così campato in aria, come la parte leghista dei due contraenti tenta di far credere.
L’art.53 della Costituzione afferma quanto segue:
“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.”
La progressività è un principio che , come nel caso dell’Irpef (la quale potrebbe essere superata appunto dalla flat tax), colpisce con aliquote superiori i redditi più alti, garantendo in questo modo che i cittadini che guadagno di più possano contribuire in proporzione al loro tenore di vita. Viceversa, ovviamente , i cittadini che guadagnano di meno devono contribuire sulla base della propria capacità contributiva.
Per evitare che la flat tax possa violare il principio di progressività occorre che un sistema di imposizione sui redditi ad aliquota unica venga caratterizzato da una no tax area che vada a salvaguardare i redditi più bassi, un sistema di detrazioni fiscali concentrato sulle fasce di reddito inferiori ad una certa soglia e un sistema di deduzioni fiscali strutturato in modo tale che l’aliquota marginale sui redditi sia superiore all’aliquota media.
Ma nonostante questi possibili rimedi è ovvio che la flat tax finirebbe per avvantaggiare soltanto i soggetti più ricchi, con risparmi superiori rispetto alla media dei contribuenti italiani.
A tal proposito questi giorni è azzeccatissimo il soprannome (che prendiamo in prestito) da Giovanni Belfiori che su democratica.it lo applica alla flat tax: la fake tax.
Infatti nel dibattito di questi giorni su alcuni quotidiani si fa riferimento all’ultimo incontro al Viminale in cui Salvini ha invitato l’ex sottosegretario alle infrastrutture Armando Siri ( indagato per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sull’eolico in Sicilia, ma sorvoliamo un attimo su questo aspetto per un attimo che pur grave sul piano morale e di opportunità politica rischia di sviarci sul contenuto del presente articolo) per spiegare definitivamente la struttura della flat tax, visto che Siri ne è considerato proprio il padre ideatore. Siri ha parlato di un’aliquota unica al 15% per tutti i redditi fino a 55 mila euro, con l’abolizione di tutte le detrazioni esistenti.
Eccola qui la fake tax: una mina vagante del genere (strutturata come detto da Siri pochi giorni fa) andrebbe a costare, alle casse dello Stato circa 70 miliardi di euro con il rischio che quelle famiglie con reddito sotto i 20 mila euro, che fino ad ora non hanno avuto imposte grazie alle tre detrazioni (per lavoro dipendente, figli a carico, mutuo della casa ), si ritrovino improvvisamente a dovere pagare delle tasse che oggi non hanno.
Eccola qui la fregatura con gli interessi, spacciata ininterrottamente come l’unica panacea per alleggerire il fisco e risolvere il problema delle tasse (da considerare sempre in simbiosi con l’evasione di cui sopra): più che una fake news, appunto, una fake tax.