Bonus covid19 da royalties petrolifere, a Viggiano la politica con una mano da e con l’altra prende?

di Alessio Di Florio

L’Italia vive una doppia gravosa incertezza: l’evolversi della pandemia da Sars-Cov2 e le sorti del tessuto economico. E sulla seconda gravano i timori, in alcuni casi già certezze, di interessi speculativi illeciti e di avvoltoi criminali, in primis le organizzazioni mafiose. Già nel marzo scorso Unimpresa lanciò l’allarme sui possibili affari per le mafie con la svendita da parte degli imprenditori di società a prezzi stracciati. A luglio la Direzione Investigativa Antimafia nella relazione semestrale inviata al Parlamento ha indicato il rischio di «prospettive di arricchimento ed espansione paragonabili a ritmi di crescita che può offrire solo un contesto post bellico» nella «paralisi economica» provocata dalla pandemia e dai mesi di lockdown. In varie interviste ed interventi il nostro direttore Antonio Ingroia, l’ex pm Giancarlo Caselli e i pm Nicola Gratteri e Catello Maresca sono stati tra coloro che hanno posto l’attenzione sulla fortissima liquidità e forza economica delle organizzazioni mafiose: leve con le quali hanno dato vita ad una sorta di welfare parallelo abusivo e si stanno attrezzando a divorare le attività economiche legali vittime di questi mesi. «Le mafie sono agenzie criminali di servizi che sono sempre pronte ad intervenire nei vuoti dello Stato e nei momenti di emergenza – dichiarò in un’intervista pubblicata da WordNews.it Antonio Ingroia (https://www.wordnews.it/il-disatro-e-i-morti-sono-sulla-coscienza-di-chi-ha-distrutto-la-sanita-pubblica ) il 31 marzo – non dubito che si stiano attrezzando anche in questo momento. Il silenzio sulle mafie è sicuramente pericoloso ed è ovvio che l’emergenza sanitaria ha cancellato tutte le altre nelle gerarchie mentali degli italiani e sono pronte ad approfittarne, non aspettano altro che di essere dimenticate per mettere le mani su affari leciti e para-leciti», sulle stesse pagine qualche giorno dopo Catello Maresca (https://www.wordnews.it/maresca-la-criminalita-organizzata-non-e-in-quarantena ) ha sottolineato che «il clan dei casalesi è diventato uno dei più potenti al mondo con la legislazione d’emergenza post terremoto in Irpinia del 1980 quando nel mezzogiorno d’Italia arrivarono fiumi di denaro che furono intercettati in gran parte dalla criminalità organizzata attraverso il sistema corruttivo e le minacce come cristallizzato in tanti processi» e che le organizzazioni criminali non sono mai state in quarantena organizzandosi e costruendo «occasioni di credito anche verso persone in difficoltà in questo periodo» a cui, successivamente, presentare «il conto imponendo di diventare spacciatori e custodi di stupefacenti o a prestarsi ad altre attività criminali». La questione, ha aggiunto il pm anti camorra, da affrontare «non è soltanto legato ai settori tradizionali della criminalità organizzata, stanno già ragionando su come infiltrarsi nei settori legali, comprando negozi ridotti sul lastrico, prestando soldi e diventando soci di attività imprenditoriali. L’infiltrazione mafiosa nei settori economici legali può essere favorita dalla crisi dovuta all’emergenza sanitaria». Rischi che hanno fatto capolino solo per pochi giorni nel dibattito politico e nei grandi mass media, durante le settimane in cui ci si domandava come e quando uscire dal lockdown o in occasione della presentazione della relazione semestrale della DIA. E su cui oggi è calato una totale cappa di silenzio.
Davanti a tutto questo le istituzioni e i rappresentanti, o presunti tali, dei cittadini sarebbero chiamati ad un percorso forte, deciso, lineare, trasparente e con la barra dritta. E ad essere esemplari nelle condotte portate avanti. Ma, come la cronaca di queste ultime settimane ci racconta, non sempre è così. Anzi. Ha scatenato una grande bufera mediatica e politica la circostanza che alcuni parlamentari, ed esponenti di alcune istituzioni locali, hanno chiesto (e in alcuni casi ottenuto) il bonus da 600 euro erogato alle partite IVA danneggiate dal lockdown. A Viggiano, sede del centro oli e di molteplici attività petrolifere di cui ci siamo occupati di recente raccontando l’impegno civile di denuncia e di tutela dell’ambiente del tenente della polizia provinciale di Potenza Giuseppe Di Bello (http://www.lagiustizia.info/le-denunce-e-limpegno-ambientalista-di-giuseppe-di-bello-contro-linquinamento-petrolifero/ ), nell’occhio del ciclone è finito il sindaco Cicala. Il comune, ricostruiscono la vicenda Azione Civile e il suo presidente Antonio Ingroia, «dove ha sede il C.O.V.A. ovvero il centro di desolforazione e di alcuni pozzi di estrazione del petrolio e del gas permesso Val d’Agri ha realizzato un proprio bonus covid19 – portandolo ad un tetto di 8.000 euro massimo, con tranche di 1.000 – 3.000 – 5.000 e 8.000 mila €, e scopriamo che il sindaco ed un assessore due su tre presenti della giunta si sono auto attribuiti i bonus che stavano emettendo attraverso quella delibera, e sono stati determinanti per la delibera stessa che ha realizzato il bonus, in totale violazione del TUEL (testo unico degli enti locali)». «Quattro società riconducibili al sindaco di Viggiano Amedeo Cicala e ai fratelli (tra cui il presidente del Consiglio Regionale) – denuncia il movimento politico – hanno percepito questi bonus, fatto confermato e documentato dopo che in un primo momento il sindaco stesso ha negato. Le delibere comunali di liquidazione dei bonus sono state firmate dal responsabile del servizio tributi del Comune, zio del sindaco, assunto si badi bene con un ennesima violazione di legge, la delibera con la quale veniva assunto lo zio ragioniere proveniente dalle ex Comunità Montane e veniva contestualmente collocato  in qualità di responsabile del settore finanziario, vedeva la presenza e la firma del nipote Sindaco che pur in presenza del suo parente, ne richiedeva l’assunzione e firmava la Delibera creando di fatto un ennesimo conflitto di interessi. Veniva così realizzato un sistema di carattere familiare della gestione del forziere di Viggiano che vale la pena ricordare può contare una disponibilità di contanti pari a 70 milioni di € grazie alle royalty riconosciute dalle compagnie petrolifere». «Accertare eventuali responsabilità penali sarà compito della magistratura e, come sancisce la nostra Costituzione, qualsiasi cittadino è innocente fino ad eventuale sentenza definitiva. E in questo caso ad oggi non abbiamo neanche la certezza che ci sarà mai un processo – prosegue la nota di Azione Civile e del presidente (e direttore di Giustizia) Antonio Ingroia – sconcerta che un sindaco (insieme ai fratelli, tra cui addirittura il Presidente del Consiglio Comunale) istituisca e poi si intaschi dei bonus cercando addirittura di negare, tanto è vero che sulla stampa abbiamo letto persino titoli come “Cicala ha mentito” – il presidente del Consiglio Regionale Carmine Cicala, fratello del sindaco di Viggiano e nell’orbita politica della Lega lucana, espressione locale del partito di Matteo Salvini, in un post facebook il 23 agosto aveva bollato la notizia come “clamorosamente falsa” e di non aver mai chiesto bonus – che dovevano essere interamente devoluti per le attività economiche e i cittadini gettati dall’emergenza nella disperazione economica. Davanti a tutto questo al sindaco Cicala, sul piano strettamente politico ed etico non resta, a nostro giudizio, che una sola scelta possibile: dimettersi dagli incarichi istituzionali, restituire alla collettività la scelta su amministratori (che auspichiamo possano essere ben diversi!) e non ricandidarsi, ovviamente, alle prossime tornate elettorali. L’attuale sindaco pro tempore così come il fratello presidente del Consiglio Regionale e gli assessori Cicala e Gerardi che sono stati coinvolti e hanno avallato quanto accaduto. Non basta infatti il semplice gesto del momento: sarebbe paradossale e ancora più sconcertante se, dopo essersi dimessi in questo frangente, tentassero (e riuscissero) a tornare in sella tra qualche mese».

Caso bonus covid a Viggiano, Liberiamo la Basilicata e Ehpa hanno presentato dettagliato esposto

La vicenda del bonus covid19 deliberato dal Comune e percepito anche da società riconducibili al sindaco e alla sua famiglia, che abbiamo ricostruito nei giorni scorsi su Giustizia, ha scatenato un caso mediatico giunto anche alle cronache nazionali. Oltre Azione Civile, che ha chiesto ai Cicala di dimettersi e non ripresentarsi alle prossime elezioni, durissima è stata anche la nota inviata alla stampa dal presidio della Val d’Agri di Libera che sottolinea «chi è chiamato dai cittadini a compiere scelte nella destinazione dei fondi pubblici come lo è chi ricopre il ruolo di amministratore di una comunità, non può non essere guidato da un alto senso civico, ossia un alto senso dei propri doveri in primis di cittadino o concittadino, poi di rappresentante degli interessi della collettività. Chi invece antepone i propri interessi all’utilità comune, viene meno a quel dovere civico che dovrebbe guidare e illuminare la sua attività di amministratore della collettività. Farebbe bene, pertanto, il Sindaco Cicala e la sua amministrazione a rimettere il proprio mandato nelle mani dei cittadini viggianesi i quali meritano di essere rappresentati con la dignità e l’onore di chi non è offuscato dal bisogno di soddisfare prioritariamente i propri interessi». «La partecipazione al bando da parte degli amministratori, il quale  amplia i limiti di reddito fissati dagli omologhi bandi nazionali e regionali e prevede espressamente sin anche la possibilità di far partecipare quanti cumulano reddito di lavoro autonomo con partita iva e reddito di lavoro dipendente o assimilati (situazione in cui sono venuti a trovarsi gli stessi predetti amministratori) sebbene con un limite di E. 18.000,00 per quest’ultima tipologia reddituale – sottolinea l’associazione – non viola nessuna norma del nostro ordinamento, non espone i predetti ad alcuna responsabilità di carattere giuridico, eppure contrastando con il fondamentale dovere morale e civico che impone all’amministratore di trascurare il benessere proprio per l’utilità comune, non può non, e anzi deve, suscitare indignazione e gettare nel discredito chi agisce amministrativamente in contrasto con tale specifico e primario dovere civico”. Le società riconducibili alla famiglia Cicala, ricostruisce ancora Libera Val d’Agri, hanno intascato «complessivamente circa 20.000,00  Euro, sottratti alla comunità. Un bel bottino».
Liberiamo la Basilicata e Ehpa hanno presentato un esposto, firmato da Giuseppe Di Bello (le cui battaglie ambientaliste abbiamo raccontato di recente su Giustizia http://www.lagiustizia.info/le-denunce-e-limpegno-ambientalista-di-giuseppe-di-bello-contro-linquinamento-petrolifero/ ), alla Procura della Repubblica di Potenza, alla Procura della Corte dei Conti della Basilicata e alla Direzione Nazionale Antimafia Nazionale. «Il Sindaco CICALA Amedeo nel corso dello svolgimento delle sue funzioni pare abbia più volte violato l’art. 78, commi 1 e 2, del T.U. – si legge nell’esposto – qualora si possa manifestare un conflitto di interessi nell’espletamento dell’attività propria istituzionale svolta dal sindaco e l’esercizio della sua attività professionale. L’obbligo di astensione di cui al comma 2 dell’art. 78 del T.U.E.L. che mira a prevenire il conflitto d’interessi ed è finalizzato a salvaguardare il buon andamento e l’imparzialità dell’attività dell’ente locale, che ricorre ogniqualvolta vi sia una correlazione immediata e diretta tra la situazione personale del titolare della carica pubblica e l’oggetto specifico della deliberazione (intesa come attività volitiva a rilevanza esterna). Nel caso della presente denuncia il sig. CICALA Amedeo (che ha percepito più fondi emergenza covid19 sia come avvocato che come impresa)  era presente nella seduta della Giunta e risultava determinante così come anche l’Assessore GERARDI Rosita (anch’essa percettrice dei fondi che ha deliberato)  due componenti la giunta su tre presenti per deliberare l’atto oggetto della presente denuncia, entrambi quindi  percettori dei benefit previsti dalla Delibera da loro stessi firmata ed autorizzata». «Nella lettura autorizzatoria che fa seguito alla Determina Dirigenziale ad esempio la Determina n. 00133/2020 del 24/07/2020, avente oggetto: Bando a sostegno delle imprese di vicinato e artigiane danneggiate dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 – Liquidazione Categoria E, la relativa firma in formato digitale Parere Liquidazione: Vista la determinazione in oggetto, si attesta di aver eseguito i controlli ed i riscontri amministrativi, contabili e fiscali sul presente atto ai sensi dell’art. 184 del TUEL 267/2000 – ricostruisce l’esposto delle due organizzazioni presentato da Giuseppe Di Bello – e di aver verificato la disponibilità sull’impegno riportato nel prospetto. Documento informatico firmato digitalmente ai sensi del T.U. 445/2000 e del D.Lgs 82/2005 e rispettive norme collegate, il quale sostituisce il documento cartaceo e la firma autografa; il documento informatico è memorizzato digitalmente ed è rintracciabile sul sito istituzionale per il periodo della pubblicazione è del responsabile Servizio Finanziario Rag. GOLLISCIANO  Giuseppe, Zio del sindaco CICALA Amedeo, assunto senza concorso pubblico per mobilità con Delibera di Giunta Comunale n. 00231/2016 del 12/10/2016». La determina, si evidenzia nell’esposto, «è una liquidazione, non è una determina di impegno. Questo significa che il sindaco era già passato a riscuotere e se non fosse intervento il clamore mediatico, nessuno avrebbe saputo nulla Dagli atti realizzati a firma del Sindaco appare che il Comune di Viggiano anche grazie al GOLLISCIANO  Giuseppe designato responsabile del procedimento del settore Tributi, proveniente dalle soppresse comunità montane Zio del sindaco messo a gestire in qualità di resposabile di area finanziaria del comune di Viggiano un forziere con € 64.000.000 del Comune di Viggiano per le royalty che riceve. Ed in parte anche grazie ai   pareri contabili firmati dallo zio che distraendosi firma per il sostegno ai propri familiari». Nella delibera di giunta del 12 maggio «si indicava che la Regione Basilicata ed alcuni Comuni della Val d’Agri, interessati dalle attività di ricerca e sfruttamento di idrocarburi, ricevono annualmente dalle società concessionarie, ai sensi dell’art. l’art. 20 del Decreto Legislativo n. 625 del 25 novembre 1996, rispettivamente il 55% ed il 15% dell’aliquota di prodotto della coltivazione di idrocarburi (c.d. royalties) riconosciuta allo Stato ai sensi dell’art. 19 del medesimo Decreto Legislativo; Viggiano, sul cui territorio risulta maggiormente interessato all’attività estrattiva e pertanto anche quello a cui vengono riconosciute le maggiori “royalties”; – il comma 1 dell’art. 20 dello stesso Decreto Legislativo recita che “i comuni destinano tali risorse allo sviluppo dell’occupazione e delle attività economiche, all’incremento industriale ed a interventi di miglioramento ambientale, nei territori nel cui ambito si svolgono le ricerche e le coltivazioni”. Queste le premesse per attivare un Bonus senza graduatoria ed in aggiunta a quello Statale per l’emergenza Covid19 a favore delle imprese presenti nel Comune di Viggiano che il Sindaco, l’Assessore, il Capo Gruppo di Maggioranza ed i parenti del Sindaco tra cui fratelli e cognato risultano beneficiari dei benefit, e che sono stati autorizzati con Delibera di Giunta dal sidaco e dall’assessore. In assenza delle loro firme non sarebbe stato possibile realizzare la Delibera di Giunta Comunale per l’assenza degli altri 2 assessori».
«Come si è potuto permettere che un sindaco che guadagna ben 1.952,  euro di indennità al mese (delibera di giunta n. 119/2019) 21 (alla stampa ed in TV ha pubblicamente dichiarato di guadagnare € 1.200,00) ricevesse anche il bonus Covid? E soprattutto: con che coraggio questo sindaco ha fatto domanda?» gli interrogativi posti nell’esposto dal legale rappresentante di Liberiamo la Basilicata e Ehpa Giuseppe Di Bello che sottolinea «durante la chiusura ci siamo occupati di diversi casi di nostri concittadini che avevano veramente bisogno di supporto economico per poter provvedere alle primarie esigenze della propria famiglia, rimasta senza alcuna risorsa. Centinaia di pensionati, lavoratori e casalinghe si sono ritrovati senza alcun sostegno economico,  mentre il sindaco del comune di Viggiano confezionava un bando con ingenti bonus per sé (ben 2 benefit) , per la propria famiglia (compreso il Presidente del Consiglio Regionale) e per i propri amministratori. Di fronte a questo scandalo, che non è solo di Viggiano, ma che ha colpito l’intero paese, non si può restare in silenzio. Una fiera dell’inopportunità, della mancanza di eticità, della prepotenza più sfrenata, ha gettato discredito sulla comunità viggianese, dilatando ancora di più l’imbarazzo su chi ha, spendendo senza alcuna cognizione e regola, di buon senso prima di tutto, e su chi deve far fronte a ristrettezze e tagli perpetui.  Continuare a far finta di non comprendere la gravità di un’autoassegnazione di un bonus, in piena situazione emergenziale, fa perdere di vista il senso di rispetto verso le istituzioni e il dovere di rappresentanza, che un’amministrazione ed un sindaco dovrebbero sempre mostrare. Occorre denunciare e, soprattutto, chiedere ad alta voce le immediate dimissioni del sindaco e della Giunta comunale che ha varato questo provvedimento senza alcun controllo e verifica. Chiediamo, inoltre, un’inchiesta che faccia chiarezza su tutto l’iter amministrativo del provvedimento. Alla luce delle prime informazioni pubblicate dalla stampa regionale sembra che diversi aspetti necessitino di essere verificati e indagati. Che lo si faccia subito per rendere giustizia a tutti i cittadini viggianesi, ricordando che le risorse pubbliche debbono essere spese per il bene comune e per la salute e la prosperità dell’intera comunità Viggianese». Sulla base di questa dettagliata ricostruzione le due associazioni chiedono al Procuratore della Repubblica di Potenza, alla Procura della Corte dei Conti regionale e alla DNA «di procedere al controllo non solo delle Delibere indicate nella presente denuncia ma  di tutte le Delibere in quanto si ha il ragionevole sospetto che possano essere state realizzate diverse irregolarità che hanno materializzato reati di natura penale ed erariale» e «alla luce di quanto» denunciato nell’esposto di «verificare le eventuali violazioni di legge penali ed erariali in essa contenuti».