Archiviazione caso Manca, Repici: “Indagini boicottate”

L’avvocato Fabio Repici

di Enza Galluccio, autrice di testi sulle relazioni tra poteri forti e mondi criminali

Nella serata che Antimafia Duemila ha dedicato ai “pezzi mancanti” relativi alla strage che ha portato alla morte Paolo Borsellino insieme alla sua scorta, l’archiviazione dell’inchiesta  sull’omicidio di Attilio Manca”, così come lo definisce nel suo intervento Antonio Ingroia, avvocato della famiglia Manca insieme a Fabio Repici, emerge con tutta la rabbia e la delusione di chi ha avuto in mano tutti gli elementi per richiederne l’apertura, sostenendo la tesi dell’omicidio e non di suicidio del medico di Barcellona Pozzo di Gotto.

Interviene lo stesso Repici per dire la sua sul caso. L’avvocato non esita nella critica all’operato delle Procure nazionali antimafia, a partire propria da quella di Palermo, dove se si analizza il modo di dirigere il lavoro  delle DDA “c’è da rabbrividire”.

Repici cita a questo proposito un verbale del 2014 relativo all’ex poliziotto Giovanni Aiello, poi riconosciuto come “faccia di mostro” da molti testimoni. In quell’occasione erano presenti diverse procure, ma solo una era interessata ad approfondire le indagini, quella di Reggio Calabria  (oggi guidata dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo) che ritenne utile indagare su alcuni attentati nei confronti di carabinieri avvenuti tra il ’93 e il ’94, con il risultato che, oggi, a quattro anni di distanza c’è un dibattimento in corso a carico di Giuseppe Graviano e Rocco Filippone (in cui Ingroia è difensore di alcune parti civili) di fronte alla Corte di Assise di Reggio Calabria. Il fatto grave, per Repici, è che tutti gli altri organismi inquirenti abbiano semplicemente disertato le indagini; addirittura, secondo le enunciazioni delle procure di Caltanissetta e di Catania, le indagini su Aiello non sarebbero dovute neanche iniziare.

Il nome di Aiello risulta anche nel fascicolo di Attilio Manca, per questo motivo gli avvocati Repici e Ingroia hanno fatto le proprie riflessioni sulla lettura di quel verbale alla Direzione Nazionale Antimafia, in cui erano presenti certe procure… anche in relazione all’odierna (del 17 luglio 2018, ndr) archiviazione del caso Manca.

Per Repici le difficoltà ad andare avanti nelle indagini per giungere ai processi arrivano solo quando ci sono coinvolgimenti di tipo diverso nei delitti, si va avanti su quelli attribuibili solo al mondo mafioso “quando emergono sfumature di responsabilità d’apparato, quelle indagini devono essere boicottate”.

Questo, in fondo, sarebbe quel che è successo in relazione al caso di Attilio Manca “i risultati arrivano a verità soltanto se c’è la volontà dei pubblici ministeri di raccogliere quelle prove”.

Per l’avvocato, quando alcuni collaboratori di giustizia parlano di responsabilità di apparati, gli occhi dei pm diventano increduli, facendo intendere che non è il caso di andare a parlare “di cose diverse da quelle conosciute dai mafiosi. Il discorso che riguarda Attilio Manca, non va visto come una monade, è una vicenda che va collegata ad altre […] intendo collegare con processi che hanno visto  uomini di apparati”. La difficoltà ad andare avanti nel processo sulla morte di Attilio Manca, inoltre, sarebbe data  anche dalla collocazione geografica, Barcellona Pozzo di Gotto .

Tale collocazione, secondo Repici, potrebbe essere utile a comprendere anche il processo sulla trattativa. In questo caso, con la sentenza di condanna, anche i principali negazionisti  alla Fiandaca hanno dovuto tacere (per ora). Nell’impostazione iniziale del processo, tuttavia, l’avvocato segnala due errori. Il criminale mafioso di Barcellona Pozzo di Gotto , l’avvocato Rosario Pio Cattafi “era riuscito a contrabbandarsi come testimone d’accusa perfino nel processo trattativa, io avevo segnalato che si trattava di una operazione mistificatoria”  i fatti gli avrebbero dato  ragione, infatti al dibattimento il Cattafi (ottenuti i benefici dovuti alla collaborazione) si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere. Per Repici quest’esito sarebbe stato un passo avanti rispetto alle menzogne diffuse in fase di indagine. Il secondo errore, che ha la stessa provenienza geografica, riguarda un altro depistaggio, un’altra deposizione palesemente mistificatoria di un ambasciatore alla Nazioni Unite e appartenente ai servizi segreti, Francesco Paolo Fulci “che ha depistato sul capitolo Falange Armata”, tutto sarebbe stato ideato per allontanare dalla verità.

Questi episodi spiegherebbero le difficoltà riscontrate nel portare avanti il caso Manca,  anche in quest’occasione erano coinvolte figure come il Cattafi.