I pezzi mancanti. E la morte annunciata di Paolo Borsellino…

di Enza Galluccio, autrice di testi sulle relazioni tra poteri forti e mondi criminali

Nell’atrio della Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, spazio che qualche anno fa era stato negato dal professor Fiandaca divenuto famoso per la sua particolare posizione negazionista sulla trattativa Stato-mafia (definì “doverosi” gli eventuali accordi presi in quella trattativa che, a parer suo, non era mai esistita in tale forma), come ricorda Salvatore Borsellino nel suo intervento conclusivo , si è tenuta ieri (17 luglio 2018, ndr) la diciottesima conferenza organizzata da ANTIMAFIA DUEMILA in occasione dell’anniversario della strage di via D’Amelio, che quest’anno è stata intitolata “PAOLO BORSELLINO: PEZZI MANCANTI di una strage annunciata”.

La serata è stata aperta dai saluti di Giuseppe Di Chiara, professore ordinario di diritto processuale penale, seguito da un breve intervento di Manfredi Germanà di Contrariamente, un’associazione  studentesca che ha come obiettivo mantenere viva la memoria all’interno dell’università .

Subito dopo  ci sono state alcune rappresentazioni artistiche da parte di Lina La Mattina  che ha recitato una sua poesia, del gruppo teatrale Our Voice, composto da giovanissimi attori e attrici che hanno eseguito due toccanti monologhi dedicati a  Palermo e a Francesca Morvillo, e dell’attrice Annalisa Insardà, che ha letto alcuni stralci della requisitoria del processo sulla trattativa.

Al termine, è stato dato inizio alla conferenza con l’intervento di Giorgio Bongiovanni,di Antimafia Duemila, il quale ha affermato che i pm di inchieste “scomode” per tanti anni sono stati lapidati, ma Antonio Ingroia, Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia, Francesco Del Bene e Vittorio Teresi avevano ragione da vendere perchè la trattativa c’è stata e le stragi del’92 e del ’93 non sono avvenute soltanto per mano mafiosa, ma sono state volute e richieste anche dallo Stato, soprattutto quella di via D’Amelio. Infatti, il depistaggio che ha caratterizzato i vari processi sulla morte Borsellino e della sua scorta è stato confermato dalle motivazioni della sentenza di Caltanissetta. Ma per il direttore di Antimafia Duemila questo è solo un aspetto di quella strage, non si devono dimenticare quelli che sono stati i mandanti esterni a Cosa nostra. Non si devono cercare solo i depistatori, ma anche coloro che, da esterni, hanno voluto che quella strage fosse compiuta.

A tal proposito, in conclusione del suo intervento, Bongiovanni ha ricordato che il pentito Salvatore Cancemi aveva detto che l’avvocato Di Gregorio “sapeva” perchè faceva parte dei servizi segreti e che la parola “trattativa” è stata pronunciata per la prima volta proprio da un uomo delle istituzioni, Mario Mori, che in una intercettazione aveva affermato “abbiamo fatto una trattativa”.

La moderatrice ha chiesto, quindi, ad Antonio Ingroia di fare il punto della situazione.

Per l’ex magistrato è contando sui cittadini che non si sono rassegnati che possiamo avere speranza. La sentenza del processo di Palermo sulla trattativa ha segnato  sicuramente una svolta ma rimane un risultato incompleto, ci sono altre verità da far emergere. Ora possiamo dire liberamente che Paolo Borsellino e la sua scorta sono stati uccisi non solo per volontà e per mano della mafia, ma anche per volontà di uomini dello Stato.

Allora, per i magistrati come Ingroia tutto questo era un’intuizione, mentre oggi può essere affermato con certezza. La presenza di Contrada, condannato per associazione mafiosa (una condanna che  per Ingroia non si può cancellare in alcun modo), segnava già la differenza e faceva intuire che dietro c’era molto di più.

Entrambe le sentenze, quella di Palermo e quella di Caltanissetta, sono state la conferma a  tutte quelle “intuizioni”. L’ex pm ha aggiunto che se lo Stato ha depistato è solo perché era coinvolto in quella strage. A tal proposito ricorda che, dopo la morte di Borsellino, era stato convocato da procuratore Tinebra per sapere se aveva qualcosa da dire in merito alla strage.  Ingroia aveva parlato di quell’incontro tra lo stesso Borsellino e Contrada al Ministero dell’Interno, e di ciò che il magistrato aveva detto al suo ritormo.Tinebra non solo non aveva verbalizzato quelle dichiarazioni, ma addiruttura aveva affidato le indagini su via D’Amelio proprio a Contrada . Quest’ultimo si era  servito, a sua volta, di Arnaldo La Barbera che oggi sappiamo quanta responsabilità ha avuto nella costruzione del “depistaggio Scarantino”.

Il processo di Palermo, con la sua sentenza, oggi conferma che Borsellino sapeva di quella trattativa e per questo è stato eliminato. Lo Stato era colpevole di quella trattativa e ha voluto la morte di quel giudice. Sempre per questo motivo ha depistato le indagini e il processo su quella strage.

Ingroia ha aggiunto che, quando il processo sulla trattativa fu messo in piedi, giunsero anche gli sbarramenti e gli ostacoli. Colui che per primo li mise in atto fu Giorgio Napolitano, a  partire dal “conflitto d’attribuzione”. Lo scopo era quello di indicare i magistrati come nemici dello Stato . Fu così che le dichiarazioni spontanee di molti testimoni da quel momento si bloccarono, perchè nessuno si sentiva più tutelato da quei magistrati delegittimati.

Oggi è un anniversario speciale grazie a queste due sentenze ma , per Ingroia, la verità non è ancora completa “noi come popolo non possiamo rimanere a testa alta finchè non saremo in grado di ricostruire la nostra storia, completa di tutte le verità mancanti; non possiamo delegare ogni cosa alla magistratura. La sentenza trattativa dimostra che la mafia è una associazione criminale che trae la sua forza dallo Stato e dalle relazioni che con esso ha in atto […] in questa sentenza per la prima volta sono stati condannati uomini dello Stato insieme a dei mafiosi […] una menzogna tra le tante è che gli uomini dello Stato, trattando, sarebbero stati dei benefattori perchè avrebbero salvato delle vite: tutto questo è falso. Si sono salvati solo quegli uomini dello Stato che con la mafia già collaboravano e sono stati uccisi quegli uomini che, invece, difendevano lo Stato.

Come cittadini abbiamo, dunque, diritto alla verità; la congiuntura politica in cui ci troviamo è per Ingroia favorevole perchè questi nuovi uomini della politica non sono più quelli che hanno ostacolato con ogni mezzo quelle indagini, anche se molti di loro rimangono.

Infine, l’avvocato ha affermato che ci sono porte che si aprono e altre che si chiudono; l’archiviazione del caso Attilio Manca avvenuta oggi (17 luglio 2018, ndr) è un’altra pagina grigia della giustizia italiana.

Per Antonio Ingroia è necessario l’impegno di tutti i cittadini; in un paese senza verità, com’è il nostro, siamo tutti stranieri in patria.