Valle Cena, i primi travagli partono da molto lontano

di Alessio Di Florio

«È ora, anzi è già tardi da troppo tempo, che la verità emerga per intero. E ci si interroghi sulla storia di Valle Cena – il duro monito di Azione Civile Abruzzo dell’11 novembre 2019 – a dir poco travagliata e costellata di periodi più neri del fumo dei 5 incendi dell’ultimo anno e mezzo. Non possiamo dimenticarci quel che è stato scritto su documenti ufficiali, su quanto dichiarato da organi di controllo e sul prezzo che la collettività ha pagato, per l’ultima grande crisi di due lustri fa. Basta rileggersi l’accordo di programma Regione-Civeta per comprendere cosa mai è stato svelato, quali “responsabili” (o meglio presunti tali) non sono mai stati posti di fronte alle loro responsabilità http://www.regione.abruzzo.it/xAmbiente/docs/rifiutiDGR09/CIVETA_AdP_%2027_11_2009.pdf». «Come è possibile che per anni siano arrivati rifiuti da altre regioni, quelli su cui sta indagando la magistratura» senza che nessun ente di controllo, nessuna istituzione locale sia intervenuta o abbia posto anche solo dubbi il pesante interrogativo del movimento politico che, quasi due anni dopo, è ancora in attesa di qualsivoglia risposta. 
La prima volta che le cronache giudiziarie si interessarono di Valle Cena, ricorda ancora il comunicato, è addirittura nel 1995: «un’inchiesta – scaturita da quella sull’assassinio dell’avvocato Fabrizi a Pescara, vicenda simbolo del malaffare e dei torbidi intrecci con le consorterie politiche, così grave che portò alla caduta della giunta regionale dell’epoca e dei consigli comunali di Pescara e Chieti – fece tremare diversi “colletti bianchi”. Ma, come accaduto per altre grandi inchieste dell’epoca e come troppo spesso accade a queste latitudini, tutto finì nelle secche del “porto delle nebbie”». Le indagini sull’omicidio Fabrizi, i cui mandanti non sono mai stati ufficialmente individuati, scatenarono un terremoto politico così grande che nel 1992, pesantemente coinvolti dagli arresti, caddero la giunta regionale e quelle comunali di Pescara e Chieti.
La costruzione della prima vasca ha portato a contenziosi legali nel 1998, chiusi solo dieci anni dopo con un atto transattivo. Un’ATI – Daniele – nel 1989 si era aggiudicato l’affidamento per la costruzione e gestione dell’impianto ma, dopo varie contestazioni, nove anni dopo il Civeta decise di rescindere il contratto addebitando vari inadempimenti all’ATI, che trascinò il Consorzio in tribunale. Nel 2015 una sentenza diede parzialmente ragione all’ATI condannando il Civeta che scelse di rinunciare all’appello dopo un parere legale che paventava il rischio di una maggior condanna in secondo grado. La vicenda si è così chiusa nel 2018 con un accordo transattivo. Mentre questo primo contenzioso era ancora in attesa di definizione si era acceso lo scontro con la Regione per la gestione della seconda vasca. Basandosi su diverse contestazioni dell’ARTA (l’Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente) il Servizio Gestione Rifiuti, diretto dall’ex parlamentare Pds Franco Gerardini, nel luglio 2007, nel dicembre 2008 e nell’agosto 2009 inviò varie diffide al Consorzio accusandolo di effettuare «attività di gestione degli impianti difformemente» da quanto previsto e dovuto. In un atto della Regione la gestione venne addirittura definita «quasi senza regole». Il Presidente del Civeta e il sindaco di Cupello respinsero ogni contestazione accusando l’Arta di essere andata oltre il suo mandato e la Regione di voler affondare il Civeta per mere ragioni politiche e favorire altre società.
Anni segnati da scontri accesi con gli allora rappresentanti locali di Rifondazione Comunista dopo che il sindaco di Cupello, Angelo Pollutri, ritirò l’incarico al vice presidente Sandro Di Scerni ( indicato dallo stesso Prc). Il procedimento di revoca avvenne con il decreto sindacale n. 1, in data 9 giugno 2006; le motivazioni erano che Di Scerni evitava «di relazionarsi all’amministrazione comunale e segnatamente al sindaco ed alla giunta impedendo alla stessa di conoscere per il suo tramite l’andamento gestionale ed amministrativo» e di «esprimere le proprie valutazione – anche preventive – sulla gestione», non era mai intervenuto «attivamente con proposte o tesi rivolte a favorire la comunità» e quindi era venuto «irrimediabilmente meno il rapporto fiduciario». Un atto condannato con durezza dall’allora segretario provinciale di Rifondazione Comunista Donatello D’Alberto che lo definì figlio dell’emergere «e il prosperare di tanti gasparini che si credono proprietari dei voti e dei territori che amministrano» ed «emblematica della degenerazione cui si è giunti nell’amministrazione della cosa pubblica». Una nuova feroce critica alla gestione del Civeta fu lanciata da Rifondazione Comunista nel pieno della crisi del 2009 quando l’allora rappresentante a Vasto Marco Marra (oggi capogruppo del Partito Democratico in consiglio comunale) la definì una grandissima «vacca da mungere» caratterizzata da una pianta organica nettamente sopra le sue reali necessità.
Il consorzio Civeta è stato commissariato dalla Regione Abruzzo nel novembre 2015, azzerando il Consiglio di Amministrazione espresso dai Comuni del territorio che ne sono soci.  I compensi dei consiglieri di amministrazione, mancati adeguamenti dello Statuto la motivazione. In questi anni la mancanza del controllo analogo (ovvero la facoltà che i comuni-soci possono effettuare sulla società controlli analoghi a quelli che esercitano sui propri uffici e servizi ordinari) ha portato, in questi anni, alcuni Comuni ad affidare la gestione della raccolta dei rifiuti urbani ad altre società e non al Civeta. L’anno prima dell’avvio del commissariamento, il Civeta ha affidato l’appalto per la progettazione, costruzione e gestione della terza vasca ad un’Associazione Temporanea d’Impresa (ATI) formata dalle società Agecos (riconducibile all’imprenditore foggiano Rocco Bonassisa) e Riccoboni di Parma. L’ATI è stata sciolta il 5 gennaio 2017 lasciando l’intero appalto di Valle Cena alla sola Agecos, che ha deciso di portarlo avanti tramite la società Cupello Ambiente.