Strage di Capaci. 27 anni dopo

di Enza Galluccio

Il dibattito organizzato da Antimafiaduemila ha un punto di partenza ben preciso e inequivocabile:
“Strage di Capaci. Gli assassini di Stato del giudice Falcone”.
Lo si capisce anche dalle prime battute di Giorgio Bongiovanni, Direttore responsabile e fondatore del
periodico online che ha organizzato l’evento del 22 maggio [2019] nell’aula della Facoltà di
Giurisprudenza dell’Università di Palermo. Lo definisce un convegno “diverso”. Con Antimafiaduemila
si è pensato spesso di poter dare nomi e volti ai mandanti delle stragi del 1992. Un obiettivo che
sembrava essere un’utopia e che è rimasto tale fino a oggi.
Prima pensavamo a dei concorrenti esterni alla mafia, afferma Bongiovanni, poi abbiamo iniziato a
pensare che la mafia “c’entrasse anche”, ora diciamo che quelle di cui stiamo parlando sono stragi di
Stato.
Ma chi c’era dietro all’attentatuni? Perché la strage di Capaci è stata realizzata in quel modo? Perché
Cosa nostra, ad un certo punto, abbandona il progetto di uccidete Falcone con un semplice attentato
nelle vie di Roma? Secondo Bongiovanni, dopo l’attentato dell’’89 nella villa del Magistrato all’Addaura,
è necessario interrogarsi in modo concreto sui nomi e sull’identità di quelle menti raffinatissime di cui
aveva parlato Falcone subito dopo, in un’intervista.
È necessario anche riflettere sulle parole pronunciate da Paolo Borsellino, in un suo intervento alla
Casa Professa di Palermo, con le quali affermava di essere un testimone della strage di Capaci, ma di
non essere mai stato convocato e ascoltato dai pm che si occupavano delle indagini, dichiarazioni poi
diventate una prova processuale.
Anche nell’intervento di Salvatore Cusimano, giornalista della Rai che ha raccontato per primo i
drammatici momenti del 23 maggio del ‘92, si avvertono gli stessi toni accesi. A lui, il caporedattore
Aaron Pettinari che modera l’evento, chiede quali siano secondo il suo parere i “perché” della morte di
Giovanni Falcone.
Abbiamo vissuto un tempo difficile da raccontare a chi non c’era, risponde Cusimano riferendosi ai
giovani di oggi, è stata messa in discussione la democrazia del nostro Paese […] per comprendere la
gravità bisogna partire dai retroscena dei fatti. Il riferimento del giornalista è rivolto ad alcuni
investigatori incontrati, per loro esplicita richiesta, in luoghi segreti per raccontare la realtà dei fatti.
La natura stessa di chi fa giornalismo, in quei casi, porta a dubitare e ha chiedere il perché di quei
comportamenti anomali. Cusimano afferma di essere vincolato dal segreto istruttorio e, per questo, di
non poter fare il nome di chi lo aveva contattato a suo tempo. Di fatto, si temeva fin da subito che la
verità potesse essere insabbiata e che tutto quello che era realmente accaduto non poteva essere
attribuito solamente alla mano di quattro “viddani”.
Il giornalista, infine, pone un ulteriore interrogativo. Falcone non aveva mai fatto il bagno all’Addaura
e, soltanto la sera prima dell’attentato dell’’89, aveva confidato che l’avrebbe fatto proprio il giorno
successivo. Chi lo aveva tradito riferendo quell’informazione privata? Lo strato che si muove nei
meandri dello Stato, che ha diretto le due stragi, forse continua ancora ad agire […]ripiega perché non è
il momento di uscire alla luce, ma lo farà ancora quando lo riterrà opportuno. Con queste sibilline frasi,
Cusimano conclude il suo intervento.
All’ex magistrato Carlo Palermo, sopravvissuto alla strage di Pizzolungo e oggi avvocato, viene chiesto
di parlare dei rapporti tra questi “poteri” e organizzazioni paramilitari come Gladio e Stay-behind.

L’avvocato ha affermato di non voler commemorare Giovanni Falcone, ma di aver accettato di
partecipare perché solo ora ha compreso alcune cose contro le quali egli ha sbattuto la testa fin dal
1980, come hanno fatto anche i magistrati uccisi nei vari attentati.
Il tono della voce è forte, le parole quasi gridate. Oggi, secondo Palermo, bisogna capire che la
magistratura, in quegli anni, aveva fatto dei passi enormi e che non è un caso che siano stati colpiti
proprio dei giudici istruttori. Nel “nuovo processo” questa figura è stata cancellata proprio perché le
indagini stavano andando fin troppo bene, il maxiprocesso ne era una prova. I magistrati nelle indagini
si confrontavano con delle realtà, e non con frammenti di dichiarazioni continuamente mascherate da
troppi omissis.
L’ex pm denuncia il muro imposto da informazioni secretate, e ritiene che esistano tuttora troppi
segreti di Stato volti a nascondere le relazioni riguardanti Gladio e stragi come quella di Portella della
Ginestra; segreti militari mai desecretati, nonostante le molte promesse fatte dai vari governi.
Durante le indagini su alcuni traffici di armi e scandali del nostro Paese, svolte dallo stesso Palermo,
che si collocavano tra il ’91 e il ’92, quindi, in periodi vicini alle stragi, si era trovato di fronte a molte
informazioni sottoposte al segreto dalla CIA. Tali indagini avevano a che fare con vicende che
condizionavano, e condizionano ancor oggi, l’Italia e si bloccavano perché molti atti non erano
accessibili.
Anche Giovanni Falcone svolgeva indagini di questo tipo, e aveva richiesto spesso di desecretare
informazioni relative ai traffici di armi con alcune realtà del mondo arabo.
Non è un caso, secondo Palermo, che il tipo di esplosivo utilizzato per le stragi fosse dello stesso tipo di
quello usato in attentati terroristici riguardanti in mondo arabo e quello americano. È impossibile
ricostruire la Storia e trovare le cause delle stragi italiane senza trarre delle relazioni con Gladio e
Stay-behind.
Esistono ragioni di tipo economico che regolano e danno realtà ai fatti che sono accaduti, aggiunge
l’avvocato citando anche un documento di undici pagine inviato dalla Guardia di Finanza all’onorevole
Tina Anselmi, in cui si segnalava, fin dal lontano 1984, l’esistenza e l’operato della Loggia massonica
P2. Tale documento è emerso soltanto due anni fa. In quelle pagine ci sono nomi di personaggi sia
italiani, sia americani, vicini a Osama Bin Laden che lo avrebbero anche finanziato. Al suo interno,
inoltre, ci sarebbe un appunto che fa riferimento ad alcune figure di Palermo, appartenenti a Cosa
Nostra.
Per dare veramente significato alle morti e alle stragi è necessario colmare le lacune lasciate senza
soluzione, ma questo può avvenire solo riportando alla luce tali collegamenti dai quali ripartire per
nuove indagini. Si conclude così l’intervento di Carlo Palermo; inutile dire che, quanto da lui affermato,
lascia spazio a molte riflessioni sconcertanti che ognuno dei partecipanti all’evento, probabilmente,
porterà con sé, nel proprio pensiero, rientrando all’interno delle pareti di casa