Lo Stato trattò!

di Francesco Bertelli

Cinque anni di udienze. Cinque anni di minacce. Cinque anni di derisione. Cinque anni di completo silenzio mediatico. C’era chi diceva che questa storia della trattativa era “una boiata pazzesca”. C’era chi aveva preso nel mirino uno sparuto pool di magistrati coraggiosi, decisi ad andare avanti nella ricerca della verità su un passato recente del nostro Paese mai definitivamente passato. Uomini di Stato come Antonio Ingroia, che fu uno dei padri dell’indagine prima di lasciare la magistratura, come Nino Di Matteo, come Vittorio Teresi, come Roberto Tartaglia, come Francesco Del Bene.

Alla fine quel processo tanto temuto e silenziato è giunto ad un primo punto fermo nella sentenza di primo grado pronunciata dalla Corte d’assise di Palermo: ci fu una trattativa fra lo Stato e la mafia. Mentre in Italia saltavano in aria Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, otto dei loro agenti di scorta e le altre vittime innocenti delle bombe dell’estate del 1993, uomini dello Stato scendevano a patti con Cosa Nostra.

Vi fu una trattativa. Ma cerchiamo di evitare inutili semplicismi alla cosa: ciò che la Corte d’assise d Palermo ha chiarito in questa sentenza storica è che uomini dello Stato e uomini di Cosa Nostra sono stati condannati per lo stesso reato: minaccia e violenza a corpo politico dello Stato, l’art.338 del c.p.p. Un articolo che si diceva “di difficile riconoscimento in un’aula di tribunale”. Piegare quindi l’andamento democratico dello Stato per soddisfare le esigenze di Cosa Nostra. Questo è avvenuto.

Le pene sono esemplari: 28 anni al boss Leoluca Bagarella, 11 anni al medico Antonino Cinà (postino del papello), 12 anni a Marcello Del’Utri, 12 anni all’ex generale Mario Mori, 12 anni ad Antoni Subranni (Mori e Subranni ai vertici del Ros nel periodo delle stragi), 8 anni a Massimo Ciancimino per calunnia nei confronti di De Donno Assolto Nicola Mancino per falsa testimonianza perchè il fatto non sussiste (a tal proposito sarà interessante leggere le motivazioni della sentenza).

Per quanto riguarda Subranni è impossibile non tornare alla memoria a quanto dichiarò Agnese Borsellino ai magistrati in riferimento alle parole di suo marito Paolo pochi giorni prima di Via D’Amelio: “Ho visto la mafia in diretta. Subranni è punciuto”.

E’ una sentenza che ci dice anche altro. Ci dice che Marcello Dell’Utri a traghettato la trattativa fino al 1994 (quindi fino al primo governo Berlusconi. I 12 anni di condanna per violenza a corpo politico dello Stato, sdoganano quel mito presente nella sentenza della Cassazione che lo ha visto condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa fino e non oltre il 1992. Invece il ruolo dell’ex senatore dalla sentenza sulla trattativa risulta provato come continuativo nel periodo delle stragi del 1992 , del 1993 fino al 1994. Quel ruolo di ambasciatore tra Cosa Nostra e Stato il fondatore di Forza Italia lo ha portato avanti prima , durante e dopo le stragi.

Inevitabili le conseguenze sul leader di Forza Italia Silvio Berlusconi e sugli attuali equilibri per la formazione di un nuovo governo nella totale confusione che caratterizza questo inizio 2018.

Il punto fermo che possiamo mettere dopo questa sentenza è che , al di là di quelle che potevano essere catalogate come semplici opinioni, adesso è provato che la Seconda Repubblica è nata sul sangue delle stragi e che quella trattativa non è servita (come molti hanno sostenuto) a impedire nuove stragi ma a causare altre vittime in uno scellerato patto con i vertici di Cosa Nostra, con ancra le mani sporche di sangue per le stragi di Capaci e Via D’Amelio.

Dalle motivazioni sarà utile vedere se si riconosce l’accelerazione che ha portato alla morte di Borsellino e se effettivamente fu tolto di mezzo perchè a conoscenza di un dialogo tra i Ros e uomini di Cosa Nostra. Vedremo.

Di sicuro , fossimo in uno Stato democratico, sarebbe opportuno da parte del mondo politico e dei media, chiedere scusa all’ex magistrato Antonio Ingroia (padre dell’inchiesta sulla trattativa); chiedere scusa a Nino Di Matteo, il pm più a rischio d’Italia, attaccato frontalmente da certi ambienti istituzionali, minacciato di morte da Totò Riina dal 2013 (con quel tritolo giunto a Palermo e mai più trovato); chiedere scusa Del Bene, Tartaglia e Teresi anche loro molto spesso minacciati con tanto di furti di pen drive nelle loro abitazioni; chiedere scusa a tutto un pool che ha semplicemente cercato la verità su quanto accaduto ventisei anni fa. Chiedere scusa anche ai familiari delle vittime di questa scellerata trattativa. Sarebbe utile ,infine, chiedere anche scusa ai cittadini italiani per aver tenuto loro, per queti cinque anni di processo, quasi sempre all’oscuro di uno dei processi più importanti della nostra storia repubblicana.

Perciò la trattativa ci fu. Il dispositivo della sentenza questo dice. Adesso non chiamatela più “presunta”. Non lo è…