Intercettazioni sì, anzi è meglio di no

di Francesco Bertelli

Ogni anno è la stessa storia. Ormai ci siamo abituati. Ci dicono che le intercettazioni sono uno strumento di primaria importanza ai fini delle indagini. Poi allo stesso tempo sostengono che andrebbero limitate. Altri in passato denunciarono ai quattro venti che tutti eravamo intercettati (si, proprio tutti).

Da qualche anno esistono due tipi di partiti su questo tema: il partito che vorrebbe limitare fortemente l’uso delle intercettazioni fregandosene alla grande del fatto che e intercettazioni vanno a finire nel diritto di cronaca e nel diritto di libertà di stampa; e poi il partito che vorrebbe limitare la pubblicazione delle intercettazioni concedendola solo alle conversazioni penalmente rilevanti (quelle irrilevanti penalmente, ma importanti per la conoscenza dei cittadini, si cestinano).

Facciamo un po’ di ordine. Sappiamo tutti (politici compresi) che le intercettazioni vengono disposte dal magistrato nel corso di un’indagine. Una volta che tale indagine viene depositata (con i relativi rinvii a giudizio) quelle intercettazioni di conversazioni diventano pubbliche. E se quelle conversazioni riguardano personaggi pubblici on significa che quei magistrati che hanno disposto le intercettazioni siano dei fissati spioni: semplicemente svolgono il loro dovere. Sono i politici, in quanto personalità pubbliche, che dovrebbero sapere che non possono sottrarsi al controllo dei cittadini: devono rispondere dei loro comportamenti, laddove ci fossero dei reati o indizi di reato. Non c’è da confondere il diritto alla privacy come si tenta di fare da parecchio.

Perciò il pubblico, quindi i cittadini e quindi i lettori di un giornale hanno il sacrosanto diritto di conoscere ciò che fanno i loro politici, anche se quelle telefonate fossero irrilevanti ai fini di un processo. Ora salta fuori lo schema del decreto legislativo in tema di intercettazioni promosso dal Ministro della Giustizia Orlando. Sette pagine per sottolineare in maniera cruda e pura lo stop ai magistrati della possibilità di inserire virgolettati di telefonate e ambientali. “Solo il richiamo al contenuto”.

E su questo richiamo al contenuto potremmo starci giornate intere a discuterne. Tutto si ripercuote anche sull’attività dei giornalisti di cronaca giudiziaria e al diritto di libertà di stampa. Vanno bene i riassunti? Nella bozza di decreto si dice di si. Poi siccome il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, nel 2015 è stata partorita la riforma delle misure cautelari. Quindi, data per buona l’ipotesi del riassuntino del riassunto, il gip delle indagini preliminari che con la nuova riforma delle misure cautelari non può più piegarsi sulle posizioni del pubblico ministero, come potrà fare? Stesso discorso per il Riesame.

Quei pochi giornali che si battono contro questo scempio ci hanno fatto l’elenco delle varie intercettazioni che se questo decreto fosse stato approvato in passato, oggi non avremo letto: i furbi del quartierino, le risate subito dopo il terremoto dell’Aquila , fino ad arrivare all’attuale inchiesta Consip.

Forse troppo attuale. Infatti sempre in queste sette pagine di decreto si legge anche un’altra chicca: l’impossibilità di utilizzare il trojan, captatore informatico che permette di entrare dentro ai cellulari. Il suo utilizzo rimane previsto solo per i reati di mafia e terrorismo. Ma siccome per il principio del favor rei esiste la retroattività, ecco che l’impossibilità dell’utilizzo dei trojan produce l’effetto di una valanga all’inchiesta Consip, nella quali i trojan sono stati utilizzati per carpire le telefonate di Alfredo Romero. Sarà un caso?

Proviamo per un attimo a sommare a questa bozza di decreto la modifica del segreto investigativo che è stata apportata in gran silenzio il giorno prima delle dimissioni del governo Renzi, prima che scoppiasse il caso Consip. In tale riforma all’art.329 del codice di procedura penale , si legge che al fine di rafforzare gli interventi di razionalizzazione volti ad evitare duplicazioni e sovrapposizione, anche mediante un efficace e omogeneo coordinamento informativo, il capo della polizia– direttore generale della pubblica sicurezza e i vertici delle altre Forze di polizia adottano apposite istruzioni attraverso cui i responsabili di ciascun presidio di polizia interessato, trasmettono alla propria scala gerarchica le notizie relative all’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria, indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale>>. 

Morale della favola ad essere a rischio è il principio del segreto investigativo. Grazie al meccanismo della scala gerarchica polizia, carabinieri, finanzieri hanno l’obbligo di riferire il contenuto delle indagini appena avviate. Ciò rappresenta un danno di sistema, che non dovrebbe subire alcuna deroga in proposito ma semplicemente rispettare i dettami del codice di procedura penale senza alcun stravolgimento.

Esempio classico: Cosa potrebbe accadere davanti d un’inchiesta per mafia, corruzione o altro che possa mettere in imbarazzo soggetti legati alla politica? Tale inchiesta per via preferenziale, arriverebbe subito sulla scrivania della politica prima che ne venga a conoscenza l’interessato e al pubblico. Senza contare che il provvedimento della magistratura potrebbe giungere mesi dopo.

Aggiungendo a questo, la bozza del decreto sul giro di vite all’uso delle intercettazioni telefoniche, ecco che ci si prospetta un quadro non molto allegro.

Inoltre, caso ormai più frequente che raro, non si è capito bene chi sia il padre di questa bozza. Si dice bozza del decreto Orlando, ma Orlando stesso comunica che tale bozza non è quella che entrerà in vigore. Testuale: “Voglio essere chiaro su questo punto, questo è un testo di cui non riconosco la paternità” . Problemino , non da poco: la bozza del decreto è ormai stata inviata alle Procure italiane e siamo in attesa dei commenti, che già per quanto riguarda i primi risultati, non sembrano (ovviamente) molto entusiasmanti, tutt’altro.

Quindi i casi sono due: o c’è un altro soggetto che fa le veci del Ministro della Giustizia Orlando (e quest’ultimo non né a conoscenza; e già questo sarebbe gravissimo) oppure è tutta farina del sacco di Orlando il quale, vista la follia che ha partorito cerca di togliersi la paternità (un po’ in stile Cirielli). E, diciamolo, questo sarebbe ancora più grave.