IL BUIO ACCOMPAGNA LA MORTE DI BERLUSCONI

di Antonio Ingroia

La morte di personaggi pubblici, specie se uomini politici, che hanno caratterizzato epoche intere sono generalmente contraddistinte da luci ed ombre. Nel caso della morte di Silvio Berlusconi prevale invece il buio. Con la sua morte è come se si chiudesse il sipario di un’epoca, una lunga stagione tormentata e buia della nostra Repubblica, contrassegnata anche da violazioni costituzionali, stragi, corruzione e collusioni mafiose di un’intera classe dirigente.
In questi decenni di protagonismo berlusconiano (quasi un quarantennio) la sua presenza è stata costantemente determinante, sicché la sua improvvisa scomparsa suscita tanti sentimenti, che non può essere solo di compassione umana, perché si avverte il senso di perdita di un pezzo di storia italiana, che Berlusconi ha certamente contrassegnato.
Ma viene l’esigenza di una riflessione, un bilancio, fatto più di ombre anziché di luci. Anzi, di vero e proprio buio. Buio della democrazia e della libertà, perché abbiamo vissuto, e tuttora viviamo in una Repubblica dove gli spazi di libertà nel mondo dell’informazione, come della politica e dei diritti, sono sempre più ristretti, perché, alla fine, ha finito per prevalere la logica neoliberista della prevalenza del più forte, che tutto può, a discapito dei più deboli. Berlusconi è stato certamente un uomo di grandi qualità e capacità personali, coraggioso, intraprendente, innovativo ed a volte perfino geniale, come imprenditore e come politico. Qualità e capacità che però sono state messe al servizio dei suoi personali interessi, e non della collettività. Un uomo che ha pensato soprattutto ad affermare se stesso ed il primato dei propri affari usando la comunicazione, perfino lo sport, ed infine la politica e i suoi alleati, perfino i suoi avversari, come strumenti tutti finalizzati alla realizzazione dei propri interessi, essendo stato – non a caso – il re dei conflitti di interesse. Ha certamente rivoluzionato l’informazione, la telecomunicazione e la comunicazione politica nel nostro Paese, ed anche al di fuori dai confini nazionali. Ma verso quali obiettivi e con quali risultati? La sempre più progressiva restrizione degli spazi di libertà, e la privatizzazione e concentrazione in poche mani delle grandi televisioni che formano l’opinione pubblica ha determinato un pauroso decadimento di qualità dell’informazione e della cultura media del popolo italiano, a sua volta funzionale al crollo della partecipazione critica ed attiva degli italiani alla cosa pubblica, elevata nel quarantennio successivo alla nascita della costituzione repubblicana, e sempre più calata a picco dall’avvento del modo di fare comunicazione, informazione e politica di Berlusconi, diventato presto egemone nel Paese. E’ questa affermazione dell’egemonia politico-culturale del berlusconismo che ha fatto sì che ci si è ritrovati negli ultimi anni a rimpiangere perfino la prima Repubblica, anche da parte di chi aveva aspramente criticato le pratiche politiche di quegli anni.
Certamente, va dà atto che Berlusconi ha dimostrato grandi qualità nel sapere cambiare l’Italia. Ma in che modo e con quali risultati? Innanzitutto, resta la responsabilità della progressiva e devastante violazione dei principi e dei valori fondanti la Costituzione, per avere realizzato la supremazia degli affari (ed in particolare dei propri interessi) sulla politica, e poi il primato del potere politico su tutti gli altri, a cominciare da quello giudiziario, la cui autonomia e indipendenza oggi risulta del tutto espropriata dalla politica. Ed ancora, l’indifferentismo rispetto alla questione criminale, al punto da circondarsi – senza vergogna alcuna, anzi pretendendo non solo la propria ma anche la loro impunità – di stretti “collaboratori” legati al gotha mafioso, come Marcello Dell’Utri, condannato definitivamente per concorso esterno mafioso, e addirittura il capomafia Vittorio Mangano, così legittimando l’accettazione della convivenza e della complicità con la mafia. Per non dimenticare, l’apertura al liberismo più spinto e sregolato che ha favorito quelle forme di capitalismo speculativo che oggi regna nel mondo e che ha incrementato di gran lunga le diseguaglianze, facendo fare grossi passi indietro alla società italiana sul versante dei diritti sociali.
Sono tutti motivi per cui il buio della democrazia nel quale si trova oggi il nostro Paese, non ha – ovviamente – un solo responsabile, ma ha certamente un grande responsabile nell’influenza determinante che Berlusconi ha impresso sul corso degli eventi, lasciandovi un segno indelebile, di cui ovviamente portano gravemente la responsabilità anche coloro i quali avrebbero dovuto – e non hanno saputo o voluto – opporsi a tale indirizzo del tutto contrastante con l’assetto disegnato dai nostri padri costituenti. E nel giorno in cui si glorificano tutte le capacità e qualità di un uomo di grande successo, negli affari, nello sport e nella politica, è bene ricordare qual’è l’Italia che ne è venuta fuori. Un uomo di successo che ha saputo affermare i propri obiettivi e i propri interessi, ma come modello di cittadino noi preferiamo ad ispirarci a ben altri modelli, come coloro i quali, non certo per affermare sé stessi, ma nell’interesse della collettività, hanno saputo perfino sacrificare il loro bene più prezioso, e cioè la propria vita, uomini come Falcone e Borsellino, veri modelli esemplari di cittadini, all’insegna della generosità altruistica nella piena luce dei valori della solidarietà, dell’onestà e della giustizia.