Tutti gli omissis di Ezio Mauro. Le ombre del caso Colle-Palamara

 

Mauro non ha più niente da dire. Ma qualcosa non torna nelle parole dell’ex direttore di Repubblica che ha sostenuto non conoscesse Palamara

di Antonio Amorosi

(www.affariitaliani.it)

Dopo l’intervista di ieri all’ex pm Antonio Ingroia abbiamo chiesto un’intervista anche all’ex direttore de La Repubblica Ezio Mauro. L’argomento è “l’incontro” avvenuto con Ingroia, nel quale, a detta dell’ex pm si sarebbe parlato di un presunto interessamento del Quirinale, guidato allora da Giorgio Napolitano, per “una soluzione” al conflitto d’attribuzione tra Procura di Palermo e Quirinale emerso durante il processo-procedimento sulla trattativa Stato-mafia.I l conflitto sarebbe insorto sulle intercettazioni tra lo stesso Napolitano e l’imputato nel processo ed ex ministro dell’Interno Nicola Mancino.

Secondo i pm, l’ex ministro, insediatosi al Viminale nel 1992, sapeva della trattativa e avrebbe mentito sui rapporti tra pezzi dello Stato e Cosa Nostra, intercorsi nei primi anni ’90. Mancino avrebbe fatto varie telefonate e tra queste anche al Quirinale, per sollecitare un intervento di Napolitano al fine di evitare un confronto con l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli. Il Presidente della Repubblica ritenne lese le proprie prerogative e la Consulta gli diede ragione. Gli audio con le conversazioni intercettate vennero poi distrutte con una procedura camerale. Mancino in seguito è stato assolto.L’incontro tra Mauro e Ingroia o i 2 incontri, come sostiene l’ex pm, si sarebbero tenuti nel 2012. Ezio Mauro ci ha ringraziato per l’interessamento ma ha preferito non farsi intervistare. “Avendo già risposto pochi giorni fa non ha altro da aggiungere sulla vicenda in questione”, ci ha scritto la segreteria di redazione de La Repubblica. Peccato non potergli fare delle domande. La questione non è risolta e restano non pochi dubbi sulle parole dell’ex direttore che dà risposte che si smontano da sole.

 

Mauro aveva reagito in precedenza al caso tramite l’agenzia Adnkronos sostenendo che fosse l’ex pm Ingroia a cercare “un canale di comunicazione con il Quirinale”. E che all’epoca non conoscesse Luca Palamara, uno dei possibili mediatori tra Quirinale e Procura di Palermo. Mauro: “Nessuno mi ha mai fatto il nome di Palamara, un nome che ho scoperto più tardi leggendo le cronache dei giornali e che al momento non conoscevo”.

 

Ora non si comprende perché un procuratore aggiunto come Ingroia, che seguiva inchieste delicatissime, avesse bisogno del direttore de La Repubblica per contattare il Quirinale! E perché, se avesse voluto, vista anche la riservatezza della questione, doveva farlo sapere al direttore di un giornale, con il pericolo che la vicenda trapelasseVa bene che il direttore di Repubblica è quasi un’istituzione in Italia ma doverlo contattare per parlare con il presidente della Repubblica sembra eccessivo! 

 

Appare altrettanto difficile comprendere come Ezio Mauro non conoscesse, almeno di nome, Luca Palamara, in quel momento presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati. Palamara veniva continuamente intervistato da La Repubblica, tanto più viste le posizioni dello stesso magistrato contro Silvio Berlusconi e le campagne di Ezio Mauro contro il leader di Forza Italia. I due esprimevano lo stesso giudizio negativo. E’ possibile che Mauro non lo conoscesse? Che il direttore di Repubblica non avesse mai sentito il nome del capo dell’Associazione Nazionale magistrati quando appariva quasi tutti i giorni sul suo giornale? 

 

Ingroia ha riferito che quel conflitto tra Procura e Quirinale sia stato lo stop più grave a quell’indagine. “Perché”, a detta dell’ex magistrato, “ha costituito un esercizio di un potere legittimo che però è utilizzato come un avvertimento intimidatorio all’interno dello Stato”.

 

E’ un’ accusa, vero o falsa che sia, per quanto attribuita a terzi, molto grave. Il dubbio che ricade su questa vicenda pesa quanto le rivelazioni di Ingroia. “Le amnesie” dell’ex direttore Ezio Mauro o la sua ritrosia a un confronto le amplificano. Non è infatti d’altro canto compito dei giornalisti fare gli intermediari tra istituzioni anche se queste si chiamano presidente della Repubblica, tanto più su un caso che riguarda una trattativa, o presunta tale, tra Stato e mafia.

 

“La magistratura è diventata, complessivamente, non tutta, come ha dimostrato la sentenza della Corte d’Assise di Palermo, ostile nei confronti di quell’indagine, di quella verità, di quelle persone fisiche”, ha detto Ingroia e sarebbe accaduto non solo nel ramo giudiziario, ma anche “negli ambienti politici e giornalistici nel quale, non solo il presidente Napolitano ma anche chi era attorno a lui, avrebbe fatto in modo di arrivare a quel conflitto di attribuzione”.