In Sicilia l’unico vincitore è l’astensionismo

di Antonio Ingroia
Alle elezioni regionali della Sicilia c’è un solo vincitore reale, l’astensionismo, che ha superato il 50%. Segno evidente che la proposta politica dei cinque candidati non ha convinto la maggioranza dei siciliani. Il nuovo presidente dovrebbe essere Nello Musumeci, che ha battuto di una spanna il candidato dei Cinque Stelle Cancelleri, ma quella di Musumeci è una vittoria di Pirro perché non ha la maggioranza in aula. E così, dopo aver dovuto subire gli impresentabili nelle liste degli alleati ed aver fatto resuscitare gli uomini del 61 a 0 da Berlusconi a Micciché, aiutando il leghista Salvini a sbarcare in Sicilia, Musumeci dovrà pure cercare voti per la sua maggioranza fuori dalla sua coalizione. Prove generali del Partito della Nazione in salsa siciliana? Staremo a vedere. Certamente c’è stato un netto spostamento a destra dell’asse politico siciliano, per demerito degli altri più che per merito loro. Ad esempio, il Movimento Cinque Stelle, che ha raddoppiato i voti, se vince la partita dell’aritmetica, perde la partita più importante, quella per il Presidente, per la quale era data vincente da anni. Invece, manca l’appuntamento con la vittoria che sembrava a portata di mano e resta all’opposizione, rischiando l’ininfluenza, non essendo riusciti ad arrestare l’avanzata del partito dell’astensione.  Il fatto che i Cinque Stelle hanno raddoppiato i consensi rispetto a cinque anni fa, finisce per essere secondario. In un sistema politico in grande movimento, cinque anni sono un’era giurassica per poter valorizzare confronti del genere. Resta il fatto che i Cinque Stelle non hanno vinto e che se anche avessero vinto si sarebbero condannati a non governare per mancanza di maggioranza. E questo è un grave problema per un movimento politico che dice di volere cambiare le cose, perché dall’opposizione non si cambia nulla. Credo sia il momento che decidano cosa vogliono fare da grandi. Perché ora il M5S è un grande movimento che non può condannare il suo elettorato all’irrilevanza. Così non vinceranno mai da soli, visto che non riescono più ad attingere al serbatoio dell’astensionismo, e possono ottenere come unico risultato quello di bloccare ogni processo di governo degli altri. Quanto può durare l’opposizione a oltranza, a ogni costo? E cosa produce di buono, se non cambiano i rapporti di forza?  Di Maio deve fare una profonda riflessione: per evitare l’irrilevanza deve fare un cambio di passo, magari aprendosi ad un’alleanza con le forze sane e apartitiche della società civile anche se non iscritte al Movimento.
In realtà, però, il dato più importante è la sconfitta netta della sinistra, moderata e radicale. In primo luogo, la disfatta del partito democratico. La cosiddetta sinistra moderata a guida Renzi ha subito una emorragia clamorosa di voti. Il suo candidato alla presidenza, l’orlandiano Micari, addirittura ha preso otto punti percentuali in meno delle sue liste, esattamente quanti ne ha presi Cancelleri in più rispetto alla lista che lo sosteneva. Il Pd, sostenitore dalla sua nascita, del voto utile, per la prima volta viene penalizzato dalla sua stessa perversa invenzione. E’ dalle elezioni europee che il Pd continua a perdere consensi. Lo strabismo a destra continua a mietere vittime, e del resto da Renzi e dal suo cerchio magico è impossibile attendersi altro. Ma è tutta la classe dirigente di quel partito che ormai non trova più via d’uscita all’interno di un partito che è ormai un OGM che ha totalmente rinnegato le sue origini.
Infine, giudico negativo anche il risultato di Claudio Fava. Cinque anni fa, nonostante i pasticci provocati proprio da Fava che non aveva cambiato per tempo la residenza per potersi presentare alle elezioni, e con la candidatura di Giovanna Marano all’ultimo istante, i voti furono più o meno gli stessi. In più, questa volta, la sinistra aveva anche il sostegno dei fuoriusciti dal Pd, “big” della politica come Bersani e D’Alema, che all’epoca sostenevano Crocetta. Io credo che sia finito il tempo delle candidature calate dall’alto e delle ambiguità nei rapporti col Pd. O si è realmente alternativi al PD, sempre e comunque, inclusivi, partecipativi e radicalmente innovativi negli obiettivi e nelle pratiche, oppure si è condannati a restare residuali, proprio come Fava. Ed è patetica la dichiarazione di successo di qualche piccolo leader della sinistra radicale che decanta vittoria per essere finalmente tornati all’ARS. Nel 2012 non vi entrarono solo perché fecero la sciocchezza di presentare due liste in coalizione senza raggiungere il 5 %, cosa oggi evitata con la presentazione di un’unica lista. Ma o si cambia radicalmente strategia e metodi ovvero si resta confinati in una nicchia destinata alla marginalità ed all’irrilevanza.
Infine mi si consenta un ultimo raffronto. In Sicilia ha votato il 46,76% degli aventi diritto. Al referendum costituzionale del 4 dicembre del 2016 andò a votare il 10% di aventi diritto in più. E’ quel popolo che bisogna intercettare con una proposta politica nuova e seria. C’è una fetta di popolazione che ha voluto salvare la Costituzione ma non si sente rappresentata da nessuna delle forze attualmente in campo. Forse sarebbe il caso di capire perché e come si può riempire quel vuoto.