GIUSTIZIA: 4 PROBLEMI DA RISOLVERE

di Francesco Bertelli

Si dice: la giustizia in Italia non funziona. Perfetto. Ma perchè? A prescindere dal pensiero politico di ciascuno di noi, il funzionamento della giustizia dovrebbe interessare a tutti.

Proviamo ad inquadrare i principali motivi per cui non funziona. Una situazione, quella della macchina della giustizia che si protrae dalle calende greche.

Processi troppo lunghi

Argomento questi detto e ridetto. Ma anche qui, al di là dei luoghi comuni e poco approfonditi proviamo a vedere la causa. Anzitutto il processo in Italia è molto particolare. Esiste, infatti, da un lato il diritto alla difesa degli imputati, secondo le regole del giusto processo, dall’altro ci sono norme che rallentano il dibattimento. La furbizia delle difese per tutelare il proprio cliente è tale che vengono sfruttate tutte le scorciatoie messe a disposizione. Un esempio su tutti: in Italia il giudice è immutabile. Il giudice che apre il dibattimento, alla prima udienza, deve essere lo stesso che emette la sentenza. E’ una regola che permette alle difese di avere un giudice che conosce l’intero processo. Se però il giudice si ammala o ha altri problemi, dovuti all’eccesso di udienze da celebrare a causa di una calendarizzazione folle, scattano i rinvii.

Per non parlare di eventuali errori presenti negli atti di citazione. Se ad esempio nel giorni x in cui viene fissata l’udienza salta fuori una mancata citazione, il giudice non può fare altro che rinviare.

In Italia c’è anche il problema di essere un Paese troppo litigioso, conseguenza per la quale si processa di tutto; reati che potrebbero essere risolti con una pena pecuniaria senza celebrare alcun processo

La farraginosità del sistema accusatorio e il troppo garantismo

Tasto dolente che si lega all’eccessivo numero di processi che si celebrano in Italia (si potrebbe tranquillamente di processare ogni cosa e trasformare certi reati in pene pecuniarie). Il garantismo è un elemento sicuramente positivo; non va dimenticato che siamo il Paese di Cesare Beccaria. Ma negli ultimi decenni dal mondo politico, che poi è da lì che le leggi prendono forma, viene invocato un garantismo alla rovescia. Contano poco le sentenze di primo , di secondo e di terzo grado. Quando ci viene ripetuto come un mantra che siamo tutti innocenti fino al terzo grado di giudizio, ci viene detto un elemento sacrosanto. Il problema semmai è di opportunità politica: dovrebbe essere la politica stessa , i singoli partiti a rimuovere, allontanare, certi soggetti sotto processo (era Borsellino stesso a dircelo a Bassano del Grappa nel 1989). Oggi siamo arrivati al punto che neppure la sentenza di definitiva basta più.

Quindi troppo garantismo e troppi processi. Il tutto dovuto all’introduzione del sistema accusatorio all’anglosassone, introdotto nel Codice di Procedura Penale in Italia nel 1990, in sostituzione del vecchio sistema inquisitorio. Il sistema accusatorio si è dimostrato molto farraginoso: nessuna prova, dichiarazione raccolta dal pm o dagli avvocati può essere prodotta al giudice; il tutto deve essere ripetuto nel dibattimento davanti al giudice, nel contraddittorio tra le parti. Risultato: si ricomincia dall’inizio e il processo si allunga (ecco che si ritorna al primo problema dell’eccessiva lunghezza).

Troppi gradi di giudizio

Il sistema accusatorio adottato in Italia perde un sacco di istituti che erano previsti nel sistema inquisitorio. E’ vero, l’accusatorio si utilizza in Gran Bretagna e negli USA ma in questi l’accusato è quello vero e proprio: si celebra di norma con un solo grado di giudizio, gli appelli sono rarissimi e il terzo grado di legittimità è ancora più raro. Inoltre dopo la sentenza di primo grado, in caso di condanna (vedi USA e GB) si sta in carcere. In Italia appellare è la prassi: è a costo zero e non si rischia niente neanche se si è colpevoli , tanto in carcere non ci finisce quasi nessuno, se sei potente. E si allunga la prescrizione.

Inoltre nei paesi anglosassoni i tre gradi di giudizio che in Italia sono la regola, là rappresentano una rarità. La conseguenza è che da noi la macchina della giustizia rallenta ancora di più e il lavoro non raddoppia ma triplica. Basterebbe la sentenza di primo grado e poi un appello in stile USA.

La prescrizione

In tutto questo meccanismo a decorrere inesorabilmente è la prescrizione.

con essa si determina l’estinzione del reato entro un certo tempo se nel mentre non si è arrivati a un giudizio definitivo. È l’art.157 del cp a dirci come funziona: per ogni reato la prescrizione scatta quando è passato un periodo pari al massimo della pena stabilita dalla legge per ciascun reato. Ovvero non inferiore a 6 anni per i delitti e non inferiore a 4 per le contravvenzioni. E questi termini sono automatici in quanto la prescrizione in Italia inizia a scattare dal momento in cui si assume che sia stato commesso il fatto. Sono una miriade i reati che non superano i 7 anni e mezzo di prescrizione e che quindi vanno incontro alla mannaia: dall’abusivismo, all’omicidio colposo, allo stupro, allo spaccio, ecc. A questo si deve sommare la lentezza dei processi, l’inutilità del grado di appello e una litigiosità cronica (troppi processi per troppi reati).

Ora i 5 stelle propongono di interrompere la prescrizione dalla sentenza di 1° grado; sarebbe meglio interromperla dalla richiesta del rinvio a giudizio ma è già una proposta di cambiamento notevole. Il problema è che la riforma della prescrizione (che il mondo degli avvocati ha celebrato con un sonoro sciopero di 4 giorni perchè secondo loro sono in pericolo anche i principi della Costituzione; e la chiudiamo qui) si concretizzerà solo con la riforma del processo penale. Vista l’aria che tira pare un miraggio, una sorta di riforma completa a metà. La prescrizione bloccata dopo la sentenza di primo grado, può funzionare se si mette mano ai problemi sopra elencato. Altrimenti resta una pia illusione.