CRONACHE ITALICHE DI FINE ESTATE

 

di Francesco Bertelli
E venne il giorno del nuovo Governo. Giubilio. Eureka. Tripudio festante da Nord a Sud. Difficile essere così felici, ma a sentire i media nostrani e non solo (e a tal proposito ci tornerò sopra più avanti) ci sono tanti motivi per esserlo.
Nessuno può dire nulla alla figura di Giuseppe Conte, prima bistrattato da tutti i media, professori ed esperti al seguito, poi innalzato  a faro della democrazia parlamentare. Alcuni lo paragonano al nuovo Moro (ma anche meno, dai). Sicuramente è un profilo istituzionale che l’Italia si sognava di avere da anni. Ma non è questo il punto.
Il nocciolo della questione è come si è conclusa l’esperienza del Governo “giallo-verde”. Spazzate via tutte quelle chiacchiere assurde sul “peggior governo di destra fascista della Storia repubblicana” , come se i Governi Berlusconi 1-2-3, Monti, Letta jr, Renzi e Gentiloni fossero stati di sinistra, cerchiamo di essere franchi e il meno possibile complottisti. Guardiamoci negli occhi: davvero crediamo che un Ministro della Repubblica a suon di mojito e papeete si sia scavato la fossa da solo in un modo così dilettantesco? Crediamo davvero che il suo fine fosse stato esclusivamente quello di “capitalizzare il consenso” e di andare al voto prima di ferragosto?
Possibile. Ma anche no.
Quello che facciamo finta di non vedere (perchè ci fa comodo e ci fa stare meglio), lo abbiamo avuto sotto gli occhi negli ultimi giorni di agosto e anche durante i 14 mesi di governo giallo-verde, anche se più sfumato.
Sono fondamentali due parole che esprimono due concetti vasti, che il premier Conte ha pronunciato il 20 agosto scorso e nei due interventi di settembre alle Camere. Sono le direttive guida a cui si affida / affiderà il nuovo Governo Conte (Conte 2 o Conte bis , come preferite): europeisti e atlantisti.
E’ su questi due concetti su cui gioca la partita odierna e su cui si è sempre giocato.
In parte il match è già stato  scritto con la nomina di Ursula Von Der Leyen alla Commissione Europea con i voti determinanti del M5S insieme al Pd (guarda caso la stessa maggioranze del nuovo esecutivo) e di Christine Lagarde a capo della BCE. La prima è espressione della classica politica progressista che in Europa detta legge da sempre con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti (da oggi siamo tutti fermi al palo con la Germania in testa). La finanza prima della politica e della collettività. La seconda per anni a capo del Fondo Monetario Internazionale non ha certo brillato di ottimi risultati per come ha gestivo la crisi greca, trasformatasi in una mattanza sociale. Ecco che il concetto di essere “europeisti” ci pone una domanda: riuscirà il nuovo governo italiano (con l’aggiunta della fresca nomina di Paolo Gentiloni agli affari economici europei) a far cambiare rotta alle folli politiche economico-finanziarie che dettano legge da almeno due decenni? Si invertirà la rotta? Riuscirà la nuova maggioranza M5S + PD (si, quel Pd) a mettere in chiaro le politiche di investimento e di messa in sicurezza che il territorio italiano attende da sempre? Con l’80% di territorio italiano a rischio dissesto idrogeologico, con più della metà delle infrastrutture da Nord a Sud (fra ponti, cavalcavia, ecc) a rischio crollo, come si relazionerà il nuovo governo per ottenere ciò che gli spetterebbe di diritto in modo di mettere in sicurezza al più presto (mutamenti climatici in corso) la vita dei suoi cittadini? Le parole della neo Ministro dell’Interno De Micheli, il giorno dopo la formazione del nuovo Governo, non lasciano ben sperare: dalla Gronda di Genova si passa alla Tav per arrivare alle altre grandi opere (ci manca solo il ponte sullo Stretto, ma si arriverà anche a quello), al consolidamento delle concessioni autostradali ai Benetton (e su questo punto come la mettiamo?). Servirebbero piccole opere e soprattutto utili.
Veniamo al concetto di essere “atlantisti”. Qui c’è l’America, c’è la Nato, c’è il patto Atlantico. Che prezzo ha pagato il nostro Paese (in termini di vite umane) per aver mantenuto una posizione di genuflessione estrema agli ordini degli USA? Non possiamo far finta di non ricordare il periodo della strategia della tensione senza prendere in considerazione l’America. Da Piazza Fontana in giù, nelle carte delle varie inchieste e vari processi (che poi hanno tutte preso un’altra direzione) lo zampino degli USA e dei loro servizi segreti c’è sempre stato.
Possiamo dimenticare le battaglie fatte prima da Enrico Mattei e poi da Aldo Moro per spingere l’Italia ad avere una propria politica economica indipendente dai colossi del petrolio americani ed inglesi? Davvero crediamo ancora al problema meccanico sui cieli di Bescafè e alla sola mano delle BR in Via Caetani? Guardiamoci negli occhi.
E i finanziamenti decennali a Gladio da parte della Cia? Stare nella Nato ed essere atlantisti ha avuto anche questo come conseguenza primaria. Ed è un passato questo che non se n’è mai andato via e mai potrà andarsene. Rimanere alle dipendenze della super potenza americana, perchè gli USA controllano l’Italia sia con le loro basi militari presenti nel territorio nostrano, sia con semplici frasi, interventi , comunicati, ecc. L’ultimo è stato ad opera di Donald Trump: clamoroso e passato inosservato per le sue conseguenze intrinseche è stato il suo endorsement, tramite twitter alla nomina di Giuseppi (e) Conte come premier, a trattative ancora in corso.
Davvero crediamo che sia stato solo un semplice attestato di stima o che forse a sua Maestà America avevano dato un po’ troppo fastidio certe scelte del governo giallo-verde, sia sull’apertura alla Cina con la Via della Seta e la posizione verso i 5 G (con Di Maio sempre ottimista sull’argomento), sia per certi comportamenti filo-russi di Salvini alla sera simpatizzante russo e al mattino simpatizzante Usa? Il secco no dell’amministrazione Trump (con tanto di incontro tra Di Maio e l’ambasciatore americano in Italia) alla stipula dell’accordo fra Italia e Cina per la nuova Via della seta, ce lo siamo dimenticato?
Perciò, davvero crediamo che stringi stringi, il vero e unico pericolo per la democrazia Italiano sia stato Matteo Salvini? E’ vero, ha avuto gravi carenze costituzionali imbarazzanti (il “datemi pieni poteri” forse era più dovuto ai troppi mojito che ad invocazioni in stile duce, casomai “ducetto”). Ma davvero era lui il pericolo di un fascismo dilagante in Italia o forse è soltanto un politico di destra che è stato in grado di arruffianarsi il proprio elettorato parlando alla “pancia”? Davvero il decreto sicurezza bis (made in Salvini) è stato la minaccia più grave a detta di tutto l’establishment progressista europeista e quant’altro? Le politiche dell’ex Ministro dell’Interno Minniti, con i vari accordi presi con le tribù libiche e le costruzioni di veri e propri lager in territorio libico in cui internare persone disperate in cerca di salvezza, si discostavano parecchio dalle politiche salviniane?
Forse ci siamo scordati di tutto e adesso siamo un po’ tutti più contenti e tranquilli per il nuovo governo. Nuovo giro, nuova corsa. Riuscirà il M5S con figure rispettabili come Bonafede (alla giustizia) e Costa (all’ambiente) a portare a casa alcune riforme che sono attese da trent’anni? Riusciranno a trovare un’intesa (si spera al rialzo) sui temi della lotta alla mafia, riforma della giustizia, ambiente, lavoro con i nuovi alleati del PD? O c’è il rischio, già visto troppe volte, che la montagna partorisca il topolino o di peggio?
Staremo a vedere. Intanto brindiamo tutti felici e contenti.
Eureka.