Quell’ “attendibilità intrinseca di Gaspare Spatuzza” di cui nessuno più parla

di Francesco Bertelli

E’ sempre utile approfondire e leggersi le motivazioni della sentenza di primo grado sul processo Trattativa Stato-mafia. Anche se è passato oltre un anno dalla loro pubblicazione è sempre illuminante concentrarsi su alcuni passaggi davvero cruciali. Ci illustrano uno spaccato cui forse, vuoi per il caldo estivo, vuoi perché abbiamo la memoria come i pesci rossi, ci siamo dimenticati. Si tratta delle dichiarazioni rese da Gaspare Spatuzza nelle udienze del 13 e 14 marzo 2014 e riportate dai giudici della Corte di Assise di Palermo all’interno della loro ricostruzione oggettiva delle complesse dinamiche all’interno della vicenda della Trattativa. Di tutto ciò non se ne parla mai abbastanza, o forse non se n’è mai parlato a dovere nei vari media nostrani ma è sempre utile tornarci sopra.  Succede che nel corso del processo alle udienze del 13 e 14 marzo 2014, Spatuzza in qualità di imputato in un procedimento connesso (ex art.210 c.p.p.) è stato esaminato in riferimento ai suoi rapporti con la famiglia mafiosa di Brancaccio nella quale fino al suo arresto, avvenuto il 2 luglio 1997, aveva rivestito la carica di “capo mandamento”.

Ebbene, sulla base delle vicende raccontate da Spatuzza, è illuminante la ricostruzione che fanno i giudici della Corte di Assise di Palermo e che riportano nelle motivazioni della sentenza di primo grado. Ricordiamoci tutti che Spatuzza iniziò a parlare nel 2009. All’epoca il governo Berlusconi, per mezzo del Cavaliere in persona e tutti i suoi collaboratori di governo iniziarono fin da subito a snobbare le dichiarazioni del pentito. Colossali e dirompenti. Ci si riferisce al suo primo incontro con Giuseppe Graviano avvenuto nel mese di gennaio del 1994 presso il Bar Dooney di Roma. Fu in quel colloquio che Graviano fece i nomi di Silvio Berlusconi e di Marcello Dell’Utri come i nuovi referenti a cui Cosa Nostra stava facendo riferimento. Erano loro che avevano messo “il paese nelle mani” di Cosa Nostra.   Quello su cui occorre soffermarsi è il passaggio in cui i giudici di Palermo spiegano il perché Spatuzza tardò di quasi un anno tali dichiarazioni. Infatti egli aveva iniziato a collaborare già nel 2008, ma le dichiarazioni scottanti su Berlusconi e Dell’Utri arrivarono solo nel 2009. Perché questo ritardo? Sono i giudici a scriverlo:

Spatuzza ha giustificato il ritardo nel timore che egli aveva di accusare un soggetto (Silvio Berlusconi) che in quel momento ricopriva la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri del Governo che avrebbe dovuto decidere (attraverso la Commissione Centrale ex art. 10 D.L. n. 8/1991 presieduta da un Sottosegretario di Stato all’Interno facente parte della medesima coalizione politica) ed un altro soggetto (Marcello Dell’Utri) che egli sapeva essere molto vicino al nuovo Ministro della Giustizia. Appare allora, effettivamente plausibile che Spatuzza, che aveva maturato e manifestato già la propria intenzione di collaborare per la prima volta il 17 marzo 2008 quando ancora vi era in carica il precedente Governo, in quel frangente in cui ha, poi, iniziato a rendere le proprie dichiarazioni abbia avuto il forte timore che, riferendo anche quel fatto che coinvolgeva addirittura il Presidente del Consiglio dei Ministri in carica, avrebbe subito gravi conseguenze riguardo al suo status di collaboratore di Giustizia”.

E riscontri in questo senso, scrivono i giudici, ve ne sono di “oggettivi che inducono a ritenere veritiera la prospettazione dello Spatuzza in ordine ai suoi timori e alla conseguente reticenza sui nomi di Berlusconi e Dell’Utri.” Ci ricordiamo infatti, in quel periodo, come ben tre Procure (Firenze, Palermo, Caltanissetta) avessero ritenuto attendibile Gaspare Spatuzza fin dall’inizio della sua collaborazione con lo Stato. Ma ci ricordiamo anche quanta resistenza si ebbe dal Governo Berlusconi, il quale negò per molto tempo l’inserimento del pentito all’interno del programma di protezione previsto per i collaboratori di giustizia. “Di lì a poco”, continuano a i giudici, “la Commissione Centrale ex art. 10 D.L. n.9/1991 gli avrebbe effettivamente negato l’ammissione al programma di protezione con una deliberazione certamente inusuale, tanto da essere stata successivamente censurata in sede di giurisdizione amministrativa”. E qui arriva la prima chiosa: “Già sotto tale profilo vi sono elementi di fatto oggettivi che inducono a ritenere che il ritardo nella propalazione in esame non sia idoneo ad incidere sulla attendibilità intrinseca di Spatuzza”.

Ma i giudici non si fermano qui e vanno oltre quando evidenziano che infatti era già emerso nell’esame dibattimentale del 1998 che Spatuzza in occasione di un colloquio investigativo “ebbe a lanciare ai suoi interlocutori due segnali che li potessero indirizzare meglio nelle indagini in corso, uno concernente la Fiat 126 utilizzata per la strage di via D’Amelio, ed un secondo (ed è questo che qui rileva) riguardante ‘Milano 2’ e cioè quel complesso immobiliare notoriamente realizzato da Silvio Berlusconi”. E’ questo che i giudici definiscono “un riscontro fattuale di grandissima rilevanza perché consente di escludere che Spatuzza possa aver maturato la volontà di coinvolgere Silvio Berlusconi e Dell’Utri nelle sue dichiarazioni soltanto nel 2009, e quindi, dopo che egli aveva già riferito, nel semestre previsto, i fatti criminosi principali di sua conoscenza, dimostrando, invece, che già ben prima […] egli disponeva effettivamente di conoscenze che in qualche modo coinvolgevano Berlusconi”.  Quei famosi 6 mesi, cui fanno riferimento i giudici, rappresentano il cuore della riforma sui pentiti del Governo Berlusconi (anno 2001) che ha limitato a 180 giorni il tempo entro cui un pentito può rivelare tutto ciò a sua conoscenza ai fini di entrare nel programma di protezione. E su Spatuzza è impossibile non ricordare il coro bipartisan della politica che lo ha considerato da sempre come un soggetto inattendibile.

Ebbene, i giudici invece nelle motivazioni del processo sulla Trattativa Stato-mafia definiscono Spatuzza come un soggetto dotato di una “elevatissima attendibilità intrinseca”.   

       Ce ne sarebbe quindi di materiale su cui approfondire varie tematiche del  processo del secolo, già dimenticato da tutti. Questo è solo un piccolo spaccato sulla sentenza di primo grado che meritava di essere portato alla luce. Perché questa è la nostra Storia, passata, presente e futura; perché, seppure siamo all’interno di un caos politico estivo quasi senza precedenti, la Trattativa continua e su ciò che è accaduto in quel biennio di follia (1992-1994) in questa sentenza che molti vogliono farci dimenticare ci sono tantissimi elementi da far tremare i polsi, in confronto ai quali, la crisi del governo giallo-verde è poca cosa.