Non dimentichiamoci di Attilio (prima puntata)

di Francesco Bertelli

Esiste un caso recente che va inserito all’interno della macro vicenda della Trattativa Stato-mafia. Una storia agghiacciante e dimenticata volutamente dallo Stato. Una storia dove al suo interno abbiamo di tutto: la massoneria, i servizi segreti deviati e la mafia. E’ la storia della morte di Attilio Manca.

Chi era il giovane Attilio? Un bravissimo urologo (il migliore d’Italia e non solo, ma su questo aspetto ci torneremo nelle prossime puntate) nato e vissuto per molto tempo a Barcellona Pozzo di Gotto in Sicilia, uno dei comuni più mafiosi dell’Isola, dove da sempre storicamente il boss convive con l’alto magistrato e con il politico.

E occorre analizzare il contesto in cui è vissuto Attilio per molti anni: la bella Barcellona Pozzo di Gotto. E’ qui che risiede il famigerato circolo Corda Frates dove al suo interno si ritrovano personaggi già protagonisti di altre vicende: come Giuseppe Gullotti ad esempio, mandante dell’omicidio di Giuseppe Alfano e colpevole del trasporto del telecomando della strage di Capaci; oppure personaggi come Rosario Pio Cattafi, inizialmente ritenuto uno dei mandanti occulti della strage di Capaci , posizione questa che fu archiviata a suo tempo, ma stiamo parlando di un personaggio che si ripresenta spesso nelle trame oscure dei misteri italiani.

Ecco quindi come risulta lampante il legame tra Barcellona e il mondo criminale palermitano: un insieme di personaggi, boss mafiosi e politici, tutti riuniti.

Il giovane Attilio se ne va dalla sua Barcellona. E ecco che in poco tempo diventa uno dei migliori urologi d’Italia. Poi la tragedia improvvisa. Attilio viene ritrovato morto verso le 11 del 12 febbraio 2004 nel suo appartamento di Viterbo (città nella quale lavora da alcuni anni). Ad oltre 14 anni dalla morte è proprio la scena del crimine a suscitare dubbi e stranezze. Tutto ci rimanda alla sua scena del delitto.

Il corpo di Attilio si trovava riverso trasversalmente sul piumone del letto (intatto ed in ordine, come se il medico non fosse mai andato a dormire), seminudo. Esaminando le foto del cadavere si nota una vistosa deviazione del setto nasale, arti con visibili macchie ematiche, labbra gonfie e tumefatte, i testicoli enormi.

L’appartamento era in perfetto ordine. Fatto strano fu il ritrovamento di un paio di pantaloni appoggiati su una sedia, ma non le mutande, la cravatta e la camicia della vittima.

Altro mistero: la presenza di una strumentazione chirurgica nelle stanze, nonché la presenza (e questo è il particolare più strano) di due siringhe da insulina con tanto di tappo salva-ago e proteggi-stantuffo. Inoltre due flaconi di “Tranquirit” , uno vuoto e l’altro pieno per metà.

Diverse anomalie, mai approfondite e un’indagine fatta troppo in fretta (anche su questo ci torneremo nel dettaglio).

Causa della morte? Overdose. Così hanno detto i risultati investigativi della Procura di Viterbo. Attilio però non faceva uso di stupefacenti ed era un mancino puro. Peccato che i buchi delle siringhe siano stati trovati sul braccio sinistro, quello sbagliato, e le siringhe siano state ritrovate (dopo il lavoro utilizzo) tutte e due con il tappo.

La Procura di Viterbo ha concluso le indagini sancendo che Attilio è morto per overdose, alla luce dell’esame tossicologico. Ma ecco altri colpi di scena.

Otto anni dopo arriva la prima sorpresa per la famiglia di Attilio. Si scopre che l’esame tossicologico (quello che si fa su un campione di capelli della vittima per accertare assunzioni pregresse di stupefacenti) non sarebbe mai stato effettuato rispettando le forme prescritte. Eppure gli inquirenti di Viterbo avevano sempre sostenuto il contrario.

Poi c’è l’impronta palmare rimasta nitida sulla scena del crimine. Appartiene ad una persona: Ugo Manca, cugino di Attilio. Un soggetto particolare: legato alla mafia barcellonese e condannato (poi assolto) a nove anni e otto mesi per traffico di droga. E’ considerato da molti esperti della vicenda di Attilio Manca, l’uomo-collante che nella vicenda in questa vicenda ha tenuto insieme diverse entità del crimine e delle istituzioni deviate.

Anche le voci del paese, gli amici di Attilio in pratica, influiscono molto sulla direzione che la vicenda della morte del giovane urologo prenderà negli anni a venire. Infatti se prima smentiscono che a gran voce il fatto che Attilio facesse uso di droghe, poi ,improvvisamente, ritrattano. Attilio diventa un tossico, per giunta, che utilizza la mano destra.

La famiglia Manca non ci sta. E’ convinta – elementi alla mano – che la morte del figlio sia da collegare all’operazione di cancro alla prostata cui, nel settembre 2003 è stato sottoposto a Marsiglia Bernardo Provenzano, capo dei capi di Cosa Nostra , all’epoca presente a Marsiglia sotto falso nome e sotto la protezione occulta di quello Stato che diceva di ricercare Provenzano ed invece lo proteggeva. Una latitanza, quella di Provenzano, durata 40 anni e favorita (questa la conclusione dei magistrati di Palermo) da pezzi delle istituzioni.

In quel periodo, settembre 2003, Attilio era nel sud della Francia per un’operazione importante.

Ecco che l’ipotesi di un omicidio camuffato da suicidio, non è più così tanto inverosimile.

Ma ci sono tanti altri perché che caratterizzano questa vicenda. Per esempio: perché la Procura di Viterbo ha fatto rilevare le impronte digitali sulle siringhe soltanto otto anni dopo (2012)? I magistrati dicono che quelle siringhe sono troppo piccole. Solo ora si scopre che le impronte di Attilio non ci sono mai state: quindi non esiste alcuna prova che Attilio si sia drogato. Però gli inquirenti laziali insistono: ”inoculazione volontaria” di eroina.

Nel marzo del 2017, per fare un breve e veloce salto in avanti, è stata condannata a cinque anni e quattro mesi di reclusione anni, oltre a 18 mila euro di multa, Monica Mileti, la donna accusata di aver ceduto la dose di eroina che, nel 2004, avrebbe procurato la morte dell’urologo di Barcellona Pozzo di Gotto. Tuttavia alcuni collaboratori di giustizia avrebbero rivelato, come riferito già tempo fa dai legali famiglia, di aver saputo che Bernardo Provenzano si era fatto curare da Manca e che avrebbe poi ordinato la sua eliminazione. La procura di Viterbo ha escluso tale circostanza sostenendo non solo che non sono emersi elementi per collegare l’urologo all’ex capo mafia, ma che gli accertamenti tecnici eseguiti hanno stabilito che il decesso avvenne per un’ overdose di eroina.

Ma adesso fermiamoci un attimo per prendere fiato. Da questo prologo iniziale tutti capiscono che la vicenda di Attilio Manca, non solo non è da dimenticare ma che è impregnata di elementi oscuri difficili da ignorare. Prima di arrivare alla richiesta della riesumazione del corpo di Attilio, di acqua sotto i ponti in questa storia ne è passata tanta. Forse troppa.

E’ utile per questo, ripercorrere nel dettaglio ciò che è successo.

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