L’Inviato Speciale Onu contro la tortura, Nils Melzer: “Gravemente preoccupato” per la situazione di Julian Assange

Ha esaminato il caso del fondatore di WikiLeaks per mesi e gli ha fatto visita nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh, a Londra. Nelle corrispondenze diplomatiche con gli Stati Uniti, l’Inghilterra, la Svezia e l’Ecuador, appena rivelate, l’Inviato speciale non si nasconde dietro un linguaggio diplomatico e denuncia le loro gravi responsabilità

di Stefania Maurizi
(fonte : reppubblica.it)

Gravemente preoccupato. L’inviato speciale delle Nazioni Unite contro la tortura, Nils Melzer, non usa mezzi termini nell’esprimere seri timori per la situazione del fondatore di WikiLeaks. Già nel maggio scorso, subito dopo aver fatto visita a Julian Assange nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh a Londra, accompagnato da due medici specializzati nell’esame di pazienti che hanno subìto tortura fisica o psicologica e trattamenti inumani e degradanti, Nils Melzer aveva denunciato pubblicamente come Assange mostrasse “i segni tipici dell’esposizione prolungata alla tortura psicologica”. Ora, però, in uno scambio diplomatico appena reso pubblico, Melzer accusa Inghilterra, Svezia, Ecuador e Stati Uniti delle gravi condizioni di Assange e denuncia il rischio che l’estradizione negli Usa lo esponga a una pena severissima e a gravi maltrattamenti.

In una cella due metri per tre

La corrispondenza diplomatica tra l’Inviato speciale Onu e gli Stati Uniti, l’Inghilterra, la Svezia, l’Ecuador fa emergere per la prima volta informazioni fattuali sulle condizioni in cui è detenuto Julian Assange, dopo che l’11 aprile scorso l’Ecuador del presidente Lenin Moreno gli ha revocato l’asilo e lo ha fatto arrestare proprio all’interno dell’ambasciata.

Assange è stato condannato a 50 settimane di detenzione per aver violato il rilascio su cauzione nel 2012, quando invece di consegnarsi alle autorità inglesi che volevano estradarlo in Svezia, si rifugiò nella sede diplomatica dell’Ecuador a Londra e chiese asilo all’allora presidente Rafael Correa. L’estradizione era stata richiesta dai magistrati svedesi per interrogarlo in merito alle accuse di stupro e molestie contro due donne svedesi. Assange aveva sempre dato la sua disponibilità a essere interrogato, mentre invece aveva combattuto con le unghie e con i denti contro l’estradizione in Svezia, convinto che lo avrebbe esposto al rischio di finire trasferito negli Usa e condannato per aver pubblicato i documenti segreti del governo americano.

Dall’11 aprile, il fondatore di WikiLeaks si trova nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh, a Londra, e in aggiunta alla pena di 50 settimane rischia una condanna negli Usa a 175 anni per avere rivelato i file segreti del governo americano. Gli Stati Uniti hanno presentato la richiesta di estradizione immediatamente dopo il suo arresto e nel febbraio 2020 si terrà un’udienza cruciale. Contemporaneamente al caso americano, il 13 maggio scorso, la Svezia ha riaperto per la terza volta in nove anni l’inchiesta per stupro contro Julian Assange.

A Belmarsh, scrive l’Inviato dell’Onu, il fondatore di WikiLeaks è detenuto in una cella singola di due metri di larghezza per tre di lunghezza per 2,3 metri di altezza. Ha diritto a spendere solo 15 sterline alla settimana tra telefonate, penne e carta da lettere, ha diritto da 30 a 60 minuti d’aria al giorno, a seconda delle condizioni del tempo. In teoria, in prigione potrebbe lavorare e poi socializzare con gli altri detenuti, ma in pratica dal 18 maggio ad oggi, Julian Assange rimane ricoverato nell’infermeria del carcere, a causa delle sue condizioni di salute molto precarie, tra cui un serio calo ponderale. Le restrizioni del suo regime carcerario sono tali che l’accesso limitato ai suoi avvocati e l’impossibilità di usare i computer (anche se privi di collegamento a internet) “compromettono seriamente la sua capacità di prepararsi in modo adeguato ai numerosi e complessi casi legali che lo attendono”, scrive l’Inviato dell’Onu.

Il grave declino della salute di Julian Assange

Da anni emergono preoccupazioni per il serio deterioramento della salute di Julian Assange, che prima ha passato un anno e mezzo agli arresti domiciliari, poi è rimasto confinato per sette anni nell’ambasciata dell’Ecuador senza neppure accesso a un’ora d’aria al giorno e oggi è detenuto in una prigione di massima sicurezza. Già un anno e mezzo fa, tre medici americani di alto profilo, Sondra Crosby, Sean Love e Brock Chisholm, avevano denunciato la sua situazione in un articolo per il quotidiano londinese Guardian. Ora, l’Inviato Speciale dell’Onu conferma queste preoccupazioni con dati aggiornati e raccolti dai due medici specialisti che lo hanno accompagnato nella sua visita in carcere.

Melzer non rende noti dettagli delicati sulla salute del fondatore di WikiLeaks, protetti dalla privacy, ma per esempio, scrive: “Da un punto di vista psicologico, Mr. Assange [durante la visita ] ha mostrato tutti i sintomi tipici della prolungata e sostenuta esposizione a grave stress psicologico, ansia e sofferenza mentale che conducono a una depressione maggiore e alla sindrome da stress post traumatico. Entrambi gli esperti, che mi hanno accompagnato, hanno concluso che Mr. Assange ha urgente bisogno di cure psichiatriche da parte di uno psichiatra di fiducia e non associato alle autorità che lo detengono in prigione, e che è probabile che la sua attuale condizione deteriori drammaticamente”.

Le responsabilità di Svezia, Inghilterra e Ecuador

Nella corrispondenza con le autorità di Svezia, Inghilterra, Ecuador e Stati Uniti, Nils Melzer contesta loro gravi responsabilità e tutte le anomalie del caso, a partire dall’inchiesta svedese per i presunti reati sessuali di stupro e molestie contro due donne svedesi. Le accuse di molestie sono andate in prescrizione nell’agosto del 2015, senza che peraltro Assange potesse rinunciare alla prescrizione (la legge svedese non lo consente), ma Melzer sottolinea che la prova portata dalla presunta vittima delle molestie era un preservativo che, esaminato, non conteneva né il Dna di Julian Assange né quello della donna stessa: un dettaglio “che dunque mina seriamente la credibilità di questa accusa”, scrive Melzer.

Quanto alle accuse di stupro, che andranno in prescrizione solo il 17 agosto 2020, l’Inviato speciale Onu scrive: “Tutta la documentazione che mi è stata resa disponibile dimostra che Mr. Assange ha collaborato volontariamente e in modo consistente con la polizia svedese e con i magistrati sia quando si trovava in Svezia nel 2010, sia dopo essersi rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador nel giugno 2012”. L’indagine per stupro era stata già chiusa nel 2010, appena cinque giorni dopo che era stata aperta, dalla procuratrice capo di Stoccolma, Eva Finné, che aveva concluso: “la condotta descritta (dalla donna) non ha rivelato alcun reato”.

Negli ultimi nove anni l’indagine per stupro è stata aperta tre volte e l’Inviato speciale nota come “per quasi nove anni, le autorità svedesi hanno mantenuto, ravvivato e alimentato la narrativa di Assange come sospettato di stupro” e come “in realtà, le due donne non hanno mai avuto intenzione di denunciare un reato sessuale contro Assange, ma sono state messe in condizione (“railroaded”) di farlo dalla polizia svedese e hanno successivamente deciso di ‘vendere la loro storia a un tabloid”.

Nils Melzer contesta alle autorità svedesi e inglesi di aver creato le condizioni che hanno portato il fondatore di WikiLeaks a finire detenuto arbitrariamente – come concluse nel 2015 lo UN Working Group on Arbitrary Detention (Unwgad) – e accusa l’Ecuador di Lenin Moreno di aver fatto sì che le condizioni di vita nell’ambasciata fossero sempre più difficili, tra restrizioni, sorveglianza, molestie, diffamazioni pubbliche, fino alla revoca dell’asilo l’11 aprile scorso.

Gli Stati Uniti vogliono fare di Julian Assange un esempio

Le preoccupazioni più gravi dell’Inviato speciale Onu, Nils Melzer, riguardano il rischio concreto che il fondatore di WikiLeaks finisca estradato negli Usa o direttamente attraverso l’Inghilterra o indirettamente nel caso in cui venisse prima estradato in Svezia. Ad oggi, la procuratrice svedese titolare dell’indagine dopo la riapertura, Eva-Marie Persson, non ha deciso se incriminare Assange o se archiviare una volta per tutte il caso, ma l’Inviato Onu scrive che “in questo caso, la narrativa del sospetto di stupro appare essere stata usata per minare in modo deliberato la sua reputazione e facilitare il suo indiretto trasferimento dall’Inghilterra agli Stati Uniti”.

Melzer si dice “gravemente preoccupato” che le autorità americane intendano fare di Assange “un esempio” sia per punirlo personalmente sia per scoraggiare altri che vogliano imitare quanto fatto da lui e dalla sua organizzazione, WikiLeaks. Questa preoccupazione scaturisce in modo particolare dai forti pregiudizi che ci sono negli Stati Uniti contro Assange e dal fatto che le pubblicazioni di WikiLeaks siano percepite come “una minaccia alla sicurezza nazionale”. L’Inviato speciale sottolinea l’impunità di cui godono negli Usa i funzionari che si sono macchiati di gravi violazioni dei diritti umani e torture in nome della difesa della sicurezza nazionale e ricorda come a lui stesso sia sempre stato impedito dal governo degli Stati Uniti di fare un’ispezione nelle prigioni americane per verificare casi di tortura e maltrattamenti.

Usa e Svezia? Negano tutto

Le autorità inglesi ed ecuadoriane non hanno ancora risposto alle conclusioni dell’Inviato speciale Onu, mentre quelle americane e svedesi hanno prontamente replicato. Negano tutto: Julian Assange non è mai stato detenuto arbitrariamente da Svezia e Inghilterra, come ha stabilito quattro anni fa lo UN Working Group on Arbitrary Detention (Unwgad): si è segregato da solo nell’ambasciata e poteva uscirne quando voleva. Questa risposta negazionista della Svezia e degli Stati Uniti non spiega come mai, se la Svezia riteneva infondata l’accusa, non ha fatto appello contro la decisione dell’Unwgad, e come mai l’Inghilterra che, invece ha fatto appello, l’ha perso.

Le autorità americane negano di avere qualsiasi responsabilità nel caso Assange e, in particolare, respingono l’idea che corra il rischio di subire maltrattamenti e un ingiusto processo se verrà estradato: “Gli Stati Uniti prendono molto seriamente i loro obblighi in tema di diritti umani. Gli individui estradati negli Usa vengono processati secondo le leggi americane e godono delle garanzie processuali