COSE NOTE IN UN PAESE DI SMEMORATI

di Francesco Bertelli

Si ritorna parlare del cavaliere e lo si fa , forse , nel modo più naturale  naturale possibile. Ci viene data la notizia anche B. risulta attualmente indagato come mandante esterno per le stragi del 1993. spuntano inoltre dettagli sui vari punti che la procura di Firenze sta vagliando e che trovano coinvolto l’ex premier: uno su tutti l’attentato ai danni di Maurizio Costanzo, in Via Fauro a Roma il 14 maggio 1993  (24 feriti). Da questo momento ha inizio la fase delle bombe “sul continente”: Firenze 27 maggio Via dei Georgofili (5 morti e 40 feriti); Milano Via Palestro ( 5 morti);  28 luglio due bombe in simultanea a Roma alle basiliche di San Giorgio al Velabro e a San Giovanni.

Le notizia del coinvolgimento di Silvio Berlusconi come indagato in veste di mandante esterno delle stragi del 1993 non dovrebbe stupirci. E’ dai tempi del magistrato Chelazzi (scomparso prematuramente nel 2003) che vari spunti investigativi hanno interessato Berlusconi e Dell’Utri rispettivamente definiti come mandanti ” alfa” e “beta”. poi quel l’inchiesta venne archiviata nel 2007.

Ma in Italia vivono gli smemorati. Molti di loro sono negazionisti e appartengono al mondo politico e mediatico del nostro paese. Da Matteo Renzi che cade giù dal pero considerando semplicemente folle che dopo 25 anni ci siano ancora dei magistrati che indagano ancora sulle stragi associandole alle figura dell’ex premier (come se la ricerca della verità avesse un limite di tempo insuperabile). poi ci sono Matteo Salvini e Giorgia Meloni nella loro solita tesi della persecuzione giudiziaria del loro socio fondatore. Silenzio invece dai banchi dell’esecutivo.
Questo processo di difesa a prescindere si unisce all’attività di negazionismo mai interrotta in questi anni contro la ricerca della verità sulla nostra storia che un gruppo sparuto di magistrati continua a svolgere. Ci si prova ad avvicinare ad una verità almeno giudiziaria (che come ci insegnava Paolo Borsellino non coincide quasi mai con la verità di tipo storico), ma in Italia certe cose è meglio tenerle nascoste.

Ma di materiale concreto ve n’è a iosa su cui parlare.
C’è la sentenza della Cassazione sul processo Dell’Utri (Cass. Sez. I, n.28225, 9 maggio 2014, depositata il 1 luglio 2014) che ha condannato Marcello Dell’Utri a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, scrivendo che <<in tutto il periodo di tempo in oggetto (1974-1992) ha con pervicacia, ritenuto di agire con sinergia con l’associazione mafiosa e di rivolgersi a coloro che incarnavano l’anti-stato al fine di mediare tra le esigenze dell’imprenditore milanese (Silvio Berlusconi) e gli interessi del sodalizio mafioso, con ciò rafforzando il potere criminale dell’associazione>>.

Ci siamo dimenticati la sentenza di primo grado del processo sulla trattativa Stato-mafia dove ci viene detto che Dell’Utri e Silvio Berlusconi trattano con cosa Nostra fino al 1994, quindi fino e durante il Governo Berlusconi 1, sdoganando di fatto con i 12 anni di condanna per violenza a corpo politico dello Stato a Dell’Utri quel mito che vedeva il braccio destro di Berlusconi condannato a 7 anni per concorso in associazione mafiosa fino al 1992. Invece quel ruolo di “ambasciatore” tra Cosa Nostra e lo Stato, secondo questa sentenza , il fondatore di Forza Italia lo ha portato avanti prima, durante e dopo le stragi con Silvio Berlusconi.
<<Con l’apertura all’esigenza dell’associazione mafiosa Cosa Nostra, manifestata da Dell’Utri nella sua funzione di intermediario dell’imprenditore Silvio Berlusconi nel frattempo sceso in campo in vista delle elezioni del 1994, si rafforza il proposito criminoso dei vertici mafiosi di proseguire con la strategia ricattatoria iniziata da Riina nel 1992>> (Corte di Assise di Palermo, sez.II, 19 luglio 2018).
I giudici di primo grado hanno poi messo in evidenza un altro tassello oscurato da tutti che riguarda quell’attività del primo Governo Berlusconi in linea con l’azione di minaccia a corpo politico dello Stato, svolta da Cosa Nostra e da ambienti para statali: la partita di favori a Cosa Nostra si giocò sul “decreto Biondi” in cui si offrivano vantaggi legislativi ai mafiosi, il tutto sotto traccia. Un decreto che avrebbe portato enormi benefici legislativi ai boss perche andava a modificare l’articolo del codice penale sull’associazione mafiosa: tornava a rendere facoltativo e non più obbligatorio l’arresto degli indagati per mafia e inoltre avvantaggiava i corrotti ed i collusi ai quali era stata applicata la custodia cautelare. Un provvedimento governativo, il cui primo firmatario era Silvio Berlusconi, di cui i mafiosi conoscevano in anticipo i contenuti a loro favore, come hanno rivelato i collaboratori di giustizia. Così nell’estate di 25 anni fa durante i mondiali di calcio, si approvava il decreto Biondi le cui norme sulla custodia cautelare rimasero come erano perché l’allora Ministro dell’Interno Maroni si era messo di traverso. Era in quel momento che ci fu un processo interno da parte dei mafiosi per riscuotere il credito acquisito dopo il sostegno alle elezioni politiche del 1994. È su questo (e su altro) che Berlusconi è stato chiamato a testimoniare dai giudici del processo di appello sulla trattativa, accogliendo la difesa dei legali di Dell’Utri. Ma l’ex premier, a sorpresa, ha fatto sapere tramite i suoi legali che non potrà esserci perché “impegnato altrove”.

Dunque di elementi su cui affrontare l’argomento in un modo serio e in un Paese serio, ce ne sarebbero. Il problema è che in Italia certe cose non si devono né raccontare né scrivere, altrimenti salta il tappo. Un tappo, sotto il quale, il sistema politico (tutto) da 25 anni ha creato le proprie fortune mettendo sotto il tappeto le vicende più terribili e devastanti della storia recente italiana.